by Editore | 16 Maggio 2011 7:03
GERUSALEMME – «Io opero per l’ulteriore marcia della democrazia in Italia». Gli esami della libertà non finiscono mai, la strada resta sempre piena di insidie e Giorgio Napolitano non si tirerà mai indietro dai suoi compiti e responsabilità . E suona anche come una risposta alle accuse feroci piovute dal centrodestra, alle illazioni su invasioni di campo del Colle. «Mi compete di certo – scandisce Napolitano – la responsabilità di operare come presidente della Repubblica italiana per il consolidamento della democrazia nel mio paese».
Il capo dello Stato va a ritirare il premio “nobel” israeliano. Un riconoscimento alla carriera, tutta spesa a consolidare le istituzioni e a sganciare il Pci dal blocco sovietico, come spiegano le motivazioni. Accetta e ringrazia il nostro presidente della Repubblica, che ha aspettato l’occasione di questa visita di Stato in Israele per far tappa a Tel Aviv e ritirare il premio Dan David. Era già andato a personalità come Tony Blair, e ieri fra i premiati anche grandi registi come i fratelli Coen. Quando Napolitano va al microfono dell’università che ospita la cerimonia, vuole per prima cosa chiarire qualcosa in merito al riconoscimento che gli è stato attribuito nella sezione intitolata “Passato”.
Spiega: «Anche se, come non solo dice la categoria del premio ma dice la legge oggettiva dell’età , la mia persona si colloca nella “dimensione del tempo passato”, io non mi sottraggo alla responsabilità che ancora mi spetta esercitare». In che modo? Ecco, appunto, «operando e pensando per l’ulteriore marcia della democrazia» nel nostro Paese. Che richiede «attente cure», «verifiche critiche», «riforme se necessario e comunque nuovi sviluppi in rapporto al mutare dei tempi e delle esigenze».
Il che, oltre agli aspetti di principio, è un messaggio spedito dritto a Roma. Come una risposta alle violente accuse, alimentate dai giornali del fronte berlusconiano, che gli contestano di agire da capo occulto del centrosinistra. Allarmati come sono dai livelli di consenso mai raggiunti prima da un capo dello Stato. Fa sapere, allora: sono e resterò in campo. «Non mi sottraggo alle mie responsabilità » ripete. Sempre nel rispetto del proprio ruolo. E lo fa perché il cammino della Repubblica non è concluso. «La democrazia, neppure se sia stata ricostruita come in Italia sulle forti basi di una moderna Costituzione, può considerarsi compiuta e vitale una volta per tutte». Richiede attenzioni costanti. «È mio dovere – insiste – adoperarmi perché in questo senso si esprima in Italia uno sforzo condiviso».
Sono «i poteri morali che valgono più di quelli esecutivi», come in mattinata gli riconosce Shimon Peres. «Napolitano, come me – spiega il presidente israeliano – non ha nelle sue mani delle possibilità effettive di governo ma il presidente italiano ha un’autorità morale e un prestigio che nulla potrà scalfire». Uno scambio di cortesie fra due “grandi vecchi”, da anni legati da un profondo rapporto di stima: con il nostro capo dello Stato quasi stupito della «tenacia instancabile» con cui Peres persegue ormai da decenni le trattative di pace con i palestinesi.
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