Napoli, sfida tra munnezza e veleni all’ombra di Bassolino e Cosentino

by Sergio Segio | 11 Maggio 2011 7:20

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Munnezza. Munnezza. Munnezza. Sale un tanfo ammorbante, dalla campagna elettorale di Napoli. E ruota tutto intorno a questa ossessione che toglie il respiro in senso polmonare e in senso figurato: munnezza, munnezza, munnezza. Come se tutto il resto, ’ o sole, ’ o mare, Posillipo, Castel dell’Ovo, il limoncello, San Gregorio Armeno e le meraviglie nascoste di San Lorenzo Maggiore sparissero sullo sfondo, annientati da questa angoscia cosmica: ’ a munnezza. Mentre intorno, tra i miasmi e le mosche delle montagne di spazzatura, sale sempre lo stesso lamento. «Putessemo campa’ de turismo!» , sospira il fabbro ai quartieri spagnoli. «Putessemo campa’ de turismo!» , sospira la barista di riviera di Chiaia. «Putessemo campa’ de turismo!» , sospira il parcheggiatore a piazza Mercato. E tutti a ripetere Malaparte: «Non potete capire Napoli, non capirete mai Napoli» . Men che meno capire dove butta questa campagna elettorale avvelenata. Dove Mario Morcone, il prefetto che si occupava dei beni sequestrati alla criminalità  organizzata ed è stato candidato dal Partito democratico (più che una candidatura, una implorazione: San Mario, salvaci tu) dopo il pasticciaccio delle primarie, accusa Gianni Lettieri, l’ex presidente degli industriali candidato dalla destra, di avere nelle liste «candidati impresentabili» . E Lettieri accusa Morcone di essere sì «una persona perbene» ma sostenuta «dagli stessi ambienti che facevano stravincere Bassolino in posti come San Giovanni a Teduccio dove m’hanno diffidato dal mettere piede e io ci sono andato apposta (anche se con tre volanti) e in certi quartieri dove le case popolari cascano in testa alla gente ma per avere la manutenzione deve garantire il voto al boss locale del Pd» . E Luigi De Magistris, l’ex pm candidato dai dipietristi, che accusa gli uni e gli altri perché «se è vero che Lettieri (il quale tra parentesi più che un imprenditore è un “prenditore”nel senso che si è sempre fatto dare soldi pubblici) non può andare a San Giovanni a Teduccio forse Morcone non può andare a Ponticelli dove spadroneggia Achille De Simone, messo come capolista dall’Adc di Francesco Pionati nonostante fosse stato arrestato durante un blitz anticamorra» . Accuse rincarate dal verde Francesco Emilio Borrelli: «Potrà  anche avere lauree honoris causa regalate dai suoi candidati ma Lettieri rappresenta un mondo che fa paura ed ha intrecci terribili con la criminalità » . E tutti insieme vengono a loro volta contestati, per i legami ambigui o la demagogia giustizialista da Raimondo Pasquino, il candidato del terzo polo scelto da un Pier Ferdinando Casini «preoccupatissimo per l’inquinamento che c’è nelle liste. Quando si fanno decine di liste fittizie pur di raccogliere voti è chiaro che si raccatta anche gente ai confini della legalità  drogando la gara elettorale» . Fatto sta che, dopo le stagioni dei Lauro e dei Gava, dei Pomicino e dei De Lorenzo, dei Bassolino e delle Iervolino, i partiti hanno conservato legami forti coi detentori di pacchetti di voti in questo o quel quartiere ma insieme non sono mai stati così deboli. Al punto che, se tra i candidati c’è Clemente Mastella, che nell’immaginario è un po’ il prototipo del politico di mestiere, gli altri sono stati presi dalla società  civile: Morcone dalla dirigenza pubblica, Lettieri dal mondo delle imprese (che pure si è spaccato sul suo nome, inviso all’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato: «Napoli ha bisogno di persone che servano le istituzioni e non che si servano di esse per fare i fatti propri» ), Pasquino dall’università  e De Magistris, sia pur infarinato da due anni all’Europarlamento, dalla magistratura. «Capisco che siate delusi dalla politica, eppure…» , spiega e rispiega Morcone agli orfani per metà  ammaccati e per metà  furenti della «primavera tradita» bassoliniana. «Sei deluso dalla politica? Vota me che non sono un politico» , spiega e rispiega Lettieri. E tutti e due, piaccia o non piaccia, non possono che restare aggrappati lì, ai due politici politicissimi che stanno sullo sfondo e sono indispensabili a ciascuno per vincere la sfida. Di qua Antonio Bassolino, il Dominus degli ultimi vent’anni che spostò a sinistra una città  monarchica e destrorsa e diccì ed è visto a destra come il peggio del peggio. Di là  Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario costretto a dimettersi dopo essere stato colpito da una richiesta di arresto con l’accusa di avere contribuito «con continuità  e stabilità , sin dagli anni 90, a rafforzare vertici e attività  del gruppo camorrista che faceva capo alle famiglie Bidognetti e Schiavone, dal quale sodalizio riceveva puntuale sostegno elettorale» ma rimasto coordinatore regionale pidiellino e segnato a dito da sinistra come una «fetenzia» . Come possono ambire, persone con la testa sul collo, a farsi carico di tutte le grane che comporta la poltrona di sindaco di Napoli, è un mistero. Con quasi 23 mila dipendenti diretti o stipendiati dalle 21 società  partecipate che cumulano una settantina di milioni di debiti l’anno, con le casse così vuote da pagare le aziende fornitrici con 38 mesi di ritardo e addirittura con 26 mesi di dilazione perfino le case famiglia che si occupano dei disabili, con un patrimonio edilizio immenso che nel lontano 2002 esaminato dalla Corte dei conti valeva già  2 miliardi e 169 milioni di euro e cioè più del doppio del valore di quello di tutta la Regione Lombardia ma è sfruttato per motivi clientelari così male da andare costantemente in rosso, il municipio è il più grosso centro occupazionale del Sud. Ma ha tanti problemi da far perdere il sonno. A partire appunto da quell’incubo della munnezza che Berlusconi si vantò d’avere risolto e che oggi ribalta addosso al Comune «rosso» che a sua volta ribatte ringhiando che la spazzatura si può portar via solo se si sa dove metterla ma «dove» lo decide l’Ufficio flussi della Regione, che è da due anni berlusconiana ma è muta «come il servo muto di Zorro» . Come pensa di uscirne, quello che sarà  il successore di Rosa Russo Iervolino? È la prima domanda che ieri mattina voleva fare ai tre principali duellanti SkyTg24, che da mesi conduce una (santa) battaglia per i faccia a faccia televisivi e perciò aveva affittato apposta un teatro a Posillipo. Gianni Lettieri, però, ha dato buca. «E chi ce lo faceva fare di mischiarci? Chissenefrega dei faccia a faccia!» , ride Claudio Velardi, già  sedicente responsabile con Massimo D’Alema a Palazzo Chigi dell’U. R. C. A. (ufficio rimedi cazzate altrui), già  assessore («tecnico: della politica non me ne può più fregar de meno» ) con Bassolino e oggi «cervello» della campagna della destra dopo aver organizzato quella alle regionali del sinistrorso Vincenzo De Luca. E spiega: «Molto più divertente lasciare che in tv si scazzassero tra loro. Noi preferiamo girare per i quartieri. Tanto vinciamo al primo turno» . Controreplica degli avversari: «Pure noi giriamo, ma non abbiamo paura del confronto. Quanto alla vittoria al primo turno, se la sogna…» . Fatto sta che i due candidati (separati in casa) della sinistra si sono trovati davanti a una sedia vuota con un cartello: «Gianni Lettieri» . E all’apparentemente grigio e compassato prefetto Morcone, che si era visto sottrarre l’occasione per rinfacciare al pidiellino l’accusa di essere più o meno «un pupazzo di Cosentino» , non è rimasto che rivolgersi alla sedia vuota occupata dall’ingombrante fantasma dell’assente: «Tu, Lettieri, che hai le liste piene di immondizia…» . Un’improvvisata da teatrante consumato: «Diciamo» , ammicca, «che mi ha soccorso il genius della napoletanità » .

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