by Sergio Segio | 20 Maggio 2011 10:09
CAPODARCO – La notte scorsa, vinto da un tumore, è morto a 70 anni Roberto Morrione. Era stato uno dei migliori giornalisti della Rai, dove aveva svolto tutta la sua carriera da quando, giovanissimo, vi era entrato nel 1962 sotto la direzione di Enzo Biagi. Aveva lavorato al Tg1, a lungo come capo cronaca, quindi aveva ricoperto numerosi incarichi di direzione: vicedirettore allo stesso Tg1, al Tg2, al Tg3, direttore di Televideo e primo direttore di Rai News 24 (oggi Rai News), da lui fondata e guidata fino alla pensione. Negli ultimi anni aveva diretto Libera Informazione, l’“Osservatorio sull’informazione per la legalità e contro le mafie”, voluto dall’associazione Libera. Morrione aveva seguito questi temi da sempre con grande competenza e passione, realizzando anche molti “colpi” giornalistici. “E’ un interesse che ho nel sangue”, amava dire ricordando il padre ufficiale dei carabinieri.
Anche Morrione, come altri professionisti di valore della Rai, aveva vissuto il suo periodo di emarginazione in Rai, quando a metà degli anni ’90 gli fu tolta la vicedirezione del Tg2 e gli venne assegnato un ufficio-parcheggio, con una scrivania vuota e la mazzetta dei quotidiani. Fu in quel periodo triste che partecipò, nel 1995, alla seconda edizione del seminario per i giornalisti “Redattore Sociale”, organizzato dalla Comunità di Capodarco a Fermo. Fu un incontro importante per noi e per lui, come ci avrebbe ricordato in ogni occasione negli anni successivi: da lì nacque un’amicizia profonda con Capodarco, che lo ha portato a incontrarci varie volte nei seminari successivi (2002, 2003, 2006 come relatore e in altre come semplice partecipanti) e in momenti diversi.
Morrione era dotato di un carisma umano e professionale non comuni, oltre che di una capacità di analisi illuminante sulla situazione politica e su quella dell’informazione in Italia e nel mondo. Sul sito dedicato ai seminari di Redattore Sociale (http://www.giornalisti.redattoresociale.it/[1]) sono disponibili i testi integrali dei suo interventi a Capodarco. Tra i tanti, ci piace ricordare questo brano del 1995: “Io credo al bravo giornalista e il bravo giornalista è redattore sociale, perché deve esserlo nella sua genetica, perché tutti gli elementi costituenti della sua formazione, direi della sua vocazione, portano in quella direzione; altrimenti è uno che tradisce se stesso”. (st)
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