L’operaio al lavoro col cartello ‘negro’ imprenditore condannato per razzismo

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Per aver maltrattato un dipendente, il titolare di una impresa di lavorazione delle lamiere è stato condannato a due anni e mezzo di carcere con l’aggravante dell’ odio razziale. Lo ha deciso il gup milanese Andrea Salemme al termine di un processo con rito abbreviato nei confronti di P.M., 38 anni e proprietario di una lattoneria, il quale dovrà  anche versare una provvisionale ad Anton R., 47 anni, originario dello Sri Lanka, che si è costituito parte civile in quanto vittima dei maltrattamenti.

Secondo le indagini, l’immigrato, assunto nel 2011 come lattoniere all’interno di una piccola ditta di Segrate, il 13 maggio 2009 è stato preso a calci e pugni per una semplice discussione su un giorno di ferie. Non solo. Dagli accertamenti è emerso che il dipendente avrebbe subito una serie di umiliazioni: sul proprio carrello di lavoro ha ritrovato un cartello con scritto in pennarello “Negro non capace di lavorare ma capace di prendere soldi”. E poi, per l’accusa, sarebbe stato bersaglio da parte del datore di lavoro di frasi del tipo “sporco negro” o “vieni dal terzo mondo e non capisci niente”, “tornatene al tuo paese”, solo alcune delle espressioni che, secondo l’accusa, il datore di lavoro era solito rivolgergli.

Il gup, valutato il caso, non solo ha condannato il titolare per il reato di maltrattamenti in famiglia (applicabile visto le piccole dimensioni della ditta), ma ha anche contestato l’ aggravante razziale prevista dalla legge 1993 all’articolo 3, con cui si stabilisce un aumento della pena fino alla metà . Il giudice nelle motivazioni contestuali al dispositivo ha parlato di “razzismo volgare”, di “derive razziste per il solo motivo del diverso colore della pelle”. “La deriva verso l’inciviltà  – ha scritto ancora il gup – non deve trovare proseliti in un luogo di lavoro”.


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