Lo schiaffo
Il silenzio di Umberto Bossi è più rumoroso di qualunque commento. Trasmette l’immagine di un Carroccio che fatica a saltare il recinto delle città medie e piccole; ed è costretto a farsi molte domande sul futuro. Ma l’effetto va oltre il capoluogo lombardo, che pure è destinato a diventare l’epicentro delle tensioni nel centrodestra. Un’opposizione rinfrancata dai risultati che si delineavano ieri notte già sogna la rottura fra Pdl e lumbard, una crisi di governo e l’archiviazione in tempi rapidi del berlusconismo. La situazione, in realtà , rimane aperta. Fra due settimane, i ballottaggi potrebbero restituire la vittoria alla maggioranza, che ieri a Milano e Napoli l’ha mancata anche per eccesso di sicurezza e di aggressività . E la silhouette delle opposizioni si tinge di un rosso forte, radicale, col «Polo dei moderati» allo stato embrionale. Insomma, il responso di ieri è netto nell’indicazione degli sconfitti; non altrettanto univoco nel presentare un’alternativa di governo: a meno che, in prospettiva, si ritenga davvero che l’Italia possa essere guidata da una sinistra dominata dagli eredi di Rifondazione comunista, dall’Idv e dai «grillini» , oggi in grado di imporre candidati al Pd. In attesa dei risultati definitivi, per il partito di Pier Luigi Bersani le uniche eccezioni, importanti, sono Torino e Bologna. Per il resto, la soddisfazione e il sollievo degli avversari sono un rimbalzo della battuta d’arresto berlusconiana. Anche nella sconfitta, il presidente del Consiglio disegna il territorio circostante e lo condiziona: nel proprio campo e in quello avverso. Ma con un rovesciamento della percezione del suo ruolo che fa prevedere un periodo di instabilità e di altre rese dei conti nel centrodestra. In fondo, se ne può intravedere un assaggio nei voti mancati alla Moratti: consensi che sarebbe ingeneroso attribuire solo ai suoi errori. Le frasi fatte filtrare dal «cerchio magico» di Bossi, secondo le quali con Berlusconi la Lega perde, sono un indizio. Trasformano il tocco berlusconiano, che ancora nel 2010 faceva vincere la quasi sconosciuta Renata Polverini nel Lazio, in un handicap da «re Mida alla rovescia» . Probabilmente era forzata la visione precedente, ed è eccessiva l’attuale. Ieri è cominciato il ridimensionamento di un leader che dopo essersi presentato ed essere stato considerato da militanti e alleati come un demiurgo ora rischia di diventarne il capro espiatorio.
Related Articles
Nuova bagarre a Montecitorio Napolitano convoca i capigruppo
Stop al blitz Pdl-Lega, rinvio sulla prescrizione breve Il ddl rinviato alla settimana prossima, prima si voterà il conflitto di poteri su Ruby La maggioranza va sotto e contesta Fini. D’Alema: “Il ministro della Difesa si dimetta”
Il piano Renzi, una ricetta che non cura
L’Italia ha perso 150 mld di Pil tra il 2004 e il 2013, il 20% di produzione industriale, cioè 1/5 del proprio tessuto produttivo, alzando il tasso di disoccupazione reale al 22%
Vent’anni di errori, Orfini tra critica e vizi di famiglia
«Sferzante», «tagliente» persino «spietata analisi». La quarta di copertina enuncia, più che annunciarle, le intenzioni belliche di Matteo Orfini, «giovane turco» della segreteria Pd alla prova di un pamphlet politico («il mio libriccino», lo chiama su facebook) che allenta calci sugli stinchi a buona parte del gruppo dirigente del suo partito.