Lo scandalo scuote anche il piano salva-Grecia

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BERLINO— Ieri, Angela Merkel non ha naturalmente potuto i n c o n t r a r e D o m i n i q u e Strauss-Kahn, come era invece nel programma della sua domenica: avrebbero dovuto parlare di Grecia. Non lo ha incontrato Poul Thomsen: come capo della missione internazionale che sta studiando i guai di Atene doveva raccontargli a che punto è la crisi. E oggi i ministri delle Finanze europei non avranno il direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi) al loro tavolo, a Bruxelles: anche in questo caso si sarebbe dovuto discutere del debito greco, assieme alla nomina di Mario Draghi a prossimo presidente della Banca centrale europea (Bce). A parte Stati Uniti e Francia, nei prossimi giorni e settimane le conseguenze più forti della n o t t e s v e n t u r a t a d i Strauss-Kahn a Times Square si sentiranno in effetti ad Atene. E tra coloro che in Europa stanno mettendo in piedi un secondo pacchetto di aiuti alla Grecia: qualcosa che tra l’altro non sarà  un passaggio facile. Ieri, per esempio, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schà¤uble ha detto di essere d’accordo sul prolungare i tempi del rimborso del debito greco a patto che lo stesso facciano anche gli investitori privati, per evitare che l’intero fardello finisca in qualche anno solo sulle spalle dei governi europei: si tratta di una posizione che potrebbe creare profonde divisioni, dal momento che sia la Bce sia la maggioranza dei Paesi Ue non la condividono. Il primo ministro George Papandreou, comunque, non ha voluto fare commenti sul caso Strauss-Kahn. «Perdiamo un amico» , ha però ammesso un diplomatico greco. In effetti, già  dagli ultimi mesi del 2009, quando la crisi del debito della Grecia non era ancora ufficialmente scoppiata, Strauss-Kahn è stato una forza trainante nella preparazione del pacchetto di aiuti, anche grazie alla sua personalità  e al rapporto di amicizia con Papandreou, maturato in anni di militanza al vertice di due partiti socialisti europei. A dire il vero, negli ultimissimi tempi la relazione tra loro si è incrinata, per incomprensioni reciproche, ma è da tutti riconosciuto che il carismatico Strauss-Kahn sia stato un pilastro nella costruzione del prestito di 110 miliardi— da parte della Ue e dell’Fmi (un terzo) — alla Grecia. Ancora due giorni fa ha sostenuto di essere contrario a una ristrutturazione del debito greco, cosa che invece a parecchi, a Berlino ma pure all’interno dell’Fmi, sembra inevitabile. Il problema è che con la riunione dei ministri finanziari europei di oggi si apre il percorso verso un nuovo intervento internazionale — da parte di Ue, Bce e Fmi — in aiuto della Grecia. In queste operazioni il ruolo del Fondo monetario si è rivelato importantissimo. Perché è l’istituzione internazionale c h e h a l ‘e s p e – rienza maggiore in fatto di crisi: e questo non verrà  a mancare, l’Fmi ieri ha detto di essere «pienamente funzionante e operativo» e ha mandato alla riunione di oggi a Bruxelles un vice-direttore, Nemat Shafik. Ma anche perché, come capo del Fondo, Strauss-Kahn si è portato dietro un peso politico non indifferente, un salto di qualità  rispetto al predecessore Rodrigo de Rato: capace di spostare opinioni anche tra i ministri e i capi di governo. Ieri, da Washington, l’Fmi ha comunicato che, in assenza di Strauss-Kahn, le funzioni di direttore saranno svolte da John Lipsky, il numero due del Fondo: un ottimo economista che però non ha lo stesso peso politico e in più finirà  il mandato il 31 agosto prossimo. L’Fmi parteciperà  insomma al salvataggio numero due della Grecia azzoppato: forte della sua competenza ma con poco peso politico. Un vuoto che si farà  sentire. Danilo Taino


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