Le ragioni di un disagio crescente

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E mostra la volontà  di non avallare silenziosamente qualcosa che somiglia molto al trasformismo, sebbene in alcuni casi si tratti di un semplice «ritorno a casa» dopo la scissione finiana. La richiesta che le Camere siano informate sul travaso di alcuni parlamentari nell’area di governo può risultare giustificata e in qualche modo doverosa. Servirebbe ad ufficializzare conversioni politiche che un’opposizione esasperata e divisa ha tradotto con parole come corruzione, per citare la meno offensiva; e forse a rendere più chiari i termini di un allargamento del centrodestra, capace di aumentare i consensi anche quando appare in difficoltà . Nel richiamo puntiglioso del presidente della Repubblica si intravede dunque il tentativo di dare trasparenza ad una manovra chiara negli obiettivi ma dai contorni opachi.
Non si spiega altrimenti anche la precisazione che la scelta dei sottosegretari rientra nella «esclusiva responsabilità » del capo del governo. Napolitano prende pubblicamente le distanze da qualcosa che non gli è piaciuto; e proprio nel giorno in cui chiede ai vertici della tv pubblica di trasmettere gli spot informativi sui referendum di giugno: un appuntamento che Palazzo Chigi in qualche misura teme. Eppure, è probabile che l’effetto politico delle sue parole sia meno dirompente di quanto si potesse pensare. Berlusconi si sente forte perché non esiste un’alternativa, e non vuole alzare la tensione col Quirinale. In più, se ci sarà , la valutazione del Parlamento avverrà  dopo il voto amministrativo. E per paradosso la maggioranza potrebbe perfino allargarsi ulteriormente, se riuscisse a conquistare alcune città  chiave e a dimostrare che l’elettorato punisce i finiani usciti dal Pdl. La copertura offerta a Berlusconi da Umberto Bossi non lascia margini d’equivoco. Così, rimane solo il contraccolpo istituzionale, pesante per le incomprensioni che alimenta. Il premier considera l’intervento di Napolitano un gesto di ostilità . E il mancato preavviso risveglia diffidenze mai sopite. I berlusconiani ritengono che il Quirinale avrebbe potuto essere altrettanto severo quando la componente di Gianfranco Fini lasciò il governo alla fine di novembre. In verità  Napolitano fu accusato da una parte del centrosinistra di avere «salvato» Berlusconi, imponendo il dibattito parlamentare del 14 dicembre, dal quale l’asse Pdl-Lega uscì vincente. Ma in un equilibrio così fragile fra i vertici dello Stato, il modo in cui si comunica finisce per pesare quasi quanto i contenuti. E l’assenza di preavviso di ieri ha fatto apparire l’esternazione presidenziale una critica a freddo, poco comprensibile. Osservata con un minimo di distacco, è un’altra increspatura nella lunga scia del 14 dicembre: l’ennesima scossa di assestamento per una maggioranza che da allora ha cominciato a essere diversa da quella elettorale. In fondo non ha mai smesso di puntellarsi e modificarsi, seppure in modo confuso. Napolitano ha seguito la metamorfosi con la determinazione a mantenere la stabilità , ma anche con fastidio verso i metodi usati per preservarla. Il centrodestra, tuttavia, è questo: un grumo insieme liquido e solidissimo, cementato dall’assenza di alternative. Il Parlamento non potrà  che certificare ancora una volta il suo strano impasto: da mutante che rimane uguale a se stesso.


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