L’assalto al Lido di Venezia cemento all’ombra della cricca
LIDO DI VENEZIA – Un grande buco, anzi una voragine pietosamente recintata e coperta da una plastichetta di cantiere. Intorno, dove un tempo brillava il verde brunito di una pineta, il vento alza mulinelli di polvere bianca. A quasi tre anni dall’inizio dei lavori, la voragine è tutto quel che c’è del Nuovo Palazzo del Cinema, una delle grandi opere infilate fra le celebrazioni dell’Unità d’Italia, che quell’appuntamento ha già saltato e che chissà se vedrà mai la luce. O chissà come, visto che siamo alla quinta revisione del progetto e a ogni revisione si toglie un pezzo. Giancarlo Galan, neoministro dei Beni culturali, ex governatore della Regione Veneto, era qui davanti al Casinò il 28 agosto del 2008. Sistemava la prima pietra del nuovo edificio. Con lui l’allora sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, l’ex ministro Sandro Bondi e il presidente della Biennale Paolo Baratta. Dalla prima pietra alla pietra tombale. Ora, trentatré mesi dopo, Galan fa sapere che per il Palazzo del Cinema serve un’idea nuova, che i costi sono troppo elevati e che così non si va da nessuna parte.
Un pasticcio. Al Lido di Venezia si sta consumando una vicenda esemplare. Per pagare i suoi costi (all’inizio 130 milioni) si è scelto di vendere alcune delle porzioni più pregiate del territorio isolano, come la vasta area dell’Ospedale a Mare con la sua spiaggia di finissima sabbia chiara. Un’area pubblica, ora privatizzata. Qui, costringendo al trasloco anche l’ultimo presidio sanitario, sorgeranno un complesso residenziale e alberghiero e si allestirà un porto per 1.000 barche, grande 50 ettari, più o meno la superficie di un’altra isola della laguna, la Giudecca. Un vero stravolgimento del Lido, striscia di terra lunga e stretta che chiude la laguna veneziana, luogo di leggendarie vacanze ai primi del Novecento, quando vennero edificati villini e palazzine liberty. Poi, dal dopoguerra, una lenta crisi, niente più mondanità internazionale salvo durante il Festival del Cinema. Qui il verde è ancora tantissimo, soprattutto nelle punte estreme dell’isola, verso Malamocco e gli Alberoni e verso San Nicolò. Dove, appunto, sorgerebbe il porto. Contro la frenesia edificatoria che sta abbattendosi sul Lido sono nati comitati di cittadini, sono stati lanciati appelli e sono partiti esposti e denunce alla magistratura. Il Comune è con l’acqua alla gola. Se non vende i suoi tesori rischia di non poter più saldare i conti del Palazzo del Cinema. E finirebbe fallito. Il sistema per finanziare l’edificio fu promosso dal sindaco Cacciari ed è poi stato ereditato dall’attuale amministrazione di Giorgio Orsoni. Che ora prende tempo e lascia trapelare soluzioni alternative: limitare le nuove edificazioni, ristrutturando il vecchio Palazzo del Cinema e creando collegamenti tra gli edifici esistenti.
Straordinarie le manomissioni al paesaggio, straordinarie le procedure. La costruzione del Palazzo del Cinema è stata commissariata e affidata a un dirigente della Protezione civile, Vincenzo Spaziante, che ha poteri straordinari, come se il Lido dovesse fronteggiare una calamità naturale. Spaziante è stato vice di Guido Bertolaso e fra gli artefici del progetto C. a. s. e. dopo il terremoto dell’Aquila. Al Lido non vigila solo sul cantiere, ma ha competenza su tutti gli affari immobiliari che ruotano intorno all’operazione, l’Ospedale a mare e non solo. È un sindaco ombra ed è come se l’isola fosse privatizzata e sottratta alle ordinarie competenze comunali: per le varianti urbanistiche, per esempio, si salta il passaggio in Consiglio comunale. Ma la vicenda trascina anche una scia di personaggi incontrati nelle inchieste giudiziarie sulla “cricca”: grande del Palazzo del Cinema era Angelo Balducci, l’ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici finito in carcere, e in varie fasi del progetto troviamo impegnati Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola, anche loro arrestati, e le cui notti veneziane all’Hotel Gritti erano allietate, stando agli accertamenti dei magistrati, da escort inviate da Diego Anemone.
Il cantiere del Palazzo del Cinema, affidato alla Sacaim, una delle imprese più potenti a Venezia e nel Veneto, si è impantanato perché, ai primi scavi è venuto fuori amianto. E più si scavava più ci si imbatteva nella micidiale sostanza. I costi in questi tre anni sono impazziti: fra progettazioni e lavori si è già speso 35 milioni. Troppo per avere solo una voragine e per la pazienza dei lidensi, già minata dalla distruzione di una delle più belle pinete dell’isola, centotrenta alberi sbaraccati. Che la pineta non si dovesse radere al suolo erano convinti anche i progettisti del Palazzo del Cinema (Rudy Ricciotti e lo studio 5+1AA).
Ma l’argomento che ora inquieta gli abitanti del Lido (circa sedicimila persone) è un altro: il Palazzo del Cinema chissà quando l’avremo, ma intanto galoppano i progetti immobiliari che servivano a pagare l’opera fantasma. Ci troveremo un territorio stravolto, dicono, in cambio di che cosa? L’area dell’Ospedale a Mare è stata acquistata da un fondo immobiliare, Est Capital, sorto per iniziativa di un ex assessore della giunta Cacciari, Gianfranco Mossetto. Il quale esibisce sfarzosi progetti per far tornare il Lido, dice, ai fasti di un secolo fa. La prima mossa il gruppo l’ha compiuta nel 2007, acquistando i due gioielli del turismo lidense, l’Hotel des Bains e l’Hotel Excelsior e il Forte di Malamocco, un complesso militare austriaco costruito a metà Ottocento. Il Des Bains, scenario dei turbamenti di Gustav von Aschenbach nella Morte a Venezia di Thomas Mann, è in ristrutturazione da due anni. L’albergo verrà trasformato parzialmente in residence, ma i lavori sono fermi e non si sa quando riprenderanno. Anche il Forte di Malamocco è investito da un progetto: 32 ville, un albergo, una piscina e altre attrezzature. Anche se non rientrano nell’operazione finanziaria per il Palazzo del Cinema, questi interventi cascano fra le competenze di Spaziante, che nei fatti, insieme a Est Capital, sta disegnando il futuro del Lido. A poche decine di metri dall’Ospedale a Mare c’è l’area della Favorita, quasi due ettari di terreno. Il Comune, che ne è proprietario, vorrebbe vendere anche questa e anche questa finirebbe cementificata. Ma per il momento le offerte non raggiungono i 20 milioni richiesti: si sono fatti avanti i comitati ambientalisti, offrendo la cifra simbolica di un euro, un gruppo romano (8 milioni) e la solita Est Capital (10 milioni).
I comitati protestano, preparano documenti e ricorsi amministrativi. È sorto un sito (www.unaltrolido.com). Con loro è schierato l’attuale rettore dello Iuav (Istituto universitario architettura Venezia), Amerigo Restucci. Un urbanista di fama, Edoardo Salzano, ex assessore e animatore del sito www.eddyburg.it, ha scritto un instant book intitolato Lo scandalo del Lido (edito da La Corte del Fontego). In questi giorni è il porto il bersaglio delle più vivaci polemiche. Salvatore Lihard, portavoce dei comitati lidensi, ha presentato alla Regione un dossier di Osservazioni per la Valutazione di impatto ambientale. E anche l’assessorato all’Ambiente del Comune, retto da Gianfranco Bettin, è giunto a conclusioni molto preoccupate sul porto. È di Bettin il paragone fra la nuova darsena e l’isola della Giudecca. Ma altri punti destano perplessità , dalle eventuali conseguenze sulla pesca alla percezione dell’orizzonte che verrà deformata dagli alberi delle barche. All’inizio di questa settimana, infine, il Consiglio comunale ha votato una mozione all’unanimità (ma gli esponenti del Pdl sono usciti dall’aula) in cui si chiede di superare il regime commissariale e di chiarire che sorte avrà il Palazzo del Cinema. Che resterà per chissà quanto tempo ancora solo una voragine.
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