L’ora della rabbia scarpe e uova al padre della censura
PECHINO – Censurato il papà della censura. La Cina, se c’è di mezzo il controllo del dissenso, non teme i paradossi. Anche a costo di alimentare il contrappasso di misteri online, rilanciati da un Rete che ogni giorno di più sfugge al guinzaglio del potere.
Il popolo virtuale cinese è stato scosso ieri da una notizia non verificabile. Che sia vera o no, non è secondario. Ma la potenza e l’immediatezza dell’eco di internet ormai è tale, che sono le reazioni ad essere diventate il fatto. E le prime, sorprendentemente, sembrano aver spaventato Pechino più del solito. Uno studente dell’università di Wuhan, capoluogo dell’Hubei, ha scritto su Weibo, il twitter cinese, di aver lanciato uova e le sue scarpe al mattino contro Fang Binxing, preside della facoltà di Telecomunicazioni dell’università della capitale.
Non è un professore qualunque. La stessa stampa del partito comunista, intervistandolo in febbraio, lo ha accreditato del titolo di «inventore della Grande Muraglia di fuoco», il sistema che dal 1998 oscura il libero web e armonizza i siti disobbedienti. Il sedicente studente, nickname “Hanunyi”, ha assicurato di aver centrato Fang Binxing solo con una scarpa, prima di darsi alla fuga a piedi scalzi. Nessuna prova, testimonianze dirette di altri, o un filmato. Solo due fotografie: una porta macchiata e l’irriconoscibile busto di un giovane in t-shirt nera, da cui spunta un pugno che stringe un uovo. Ad avvalorare l’annuncio anonimo ci hanno pensato il popolo degli internauti e l’esercito dei suoi censori. In poche ore centinaia di messaggi hanno rimbalzato la presunta contestazione in tutto il mondo, mentre le sentinelle elettroniche della Città Proibita si affannavano a cancellare i commenti e a bloccare le reazioni.
L’aggressione contro la mente del Grande Fratello made in China ha acquisito l’e-titolo «Fottiti Fang Binxing» e un coraggioso coro entusiasta ha salutato la prodezza studentesca. Tra gli incoraggiamenti a continuare la «lotta per la libertà di internet», anche l’avvertimento «siamo all’inizio, non alla fine», e un pensiero per Ai Weiwei, l’archistar dissidente in arresto dal 3 aprile: «Visto che non volete liberare lui, arrestate noi».
Ieri però, stranamente, nessuno sembra aver arrestato nessuno e il lanciatore di uova e scarpe ha potuto spiegare alla Rete di essersi esibito per «esprimere la rabbia contro il bavaglio di Stato al web». La mancanza di reazione della polizia ha fatto sospettare la beffa e dubitare del racconto, reso invece plausibile dall’affanno degli allievi censori di Fang Binxing. Il nome del padre di tutti i blocchi è stato subito bloccato, mentre Weibo e Sina.com, colosso dei portali nazionali, sono stati freneticamente ripuliti per ore.
Poter lanciare uova e scarpe contro il mastino di Internet, e raccontarlo online al mondo senza essere immediatamente sbattuti in carcere, sarebbe in Cina un evento memorabile. Più del dubbio originario vale però la presa d’atto di una montante inquietudine dentro scuole e università della nazione, di una inarginabile voglia di libertà delle generazioni cinesi cresciute dentro il villaggio globale dei social network.
Mercoledì Fang Binxing aveva scatenato l’ira dei compatrioti internauti. Aveva giustificato lentezza e interruzioni della Rete, scaricando la colpa sui provider nazionali. Questi, su ordine delle autorità , rifiuterebbero di pagare il conto del traffico internazionale online, scoraggiando i cinesi a dotarsi di filtri speciali per visitare i siti stranieri. Ora però tutto è bloccato. E anche i bloccatori, con i blocchi, si bloccano.
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