La Ue mette sull’avviso Romani “Il bando sulla Tv digitale non va”

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MILANO – Evitare un’altra Europa 7. È la parola d’ordine che circola a Bruxelles tra gli uffici del commissario alla concorrenza Joaquà­n Almunia. Lo spagnolo non vuole si ripeta il pasticcio che per 10 anni ha impedito a Francesco Di Stefano di trasmettere sulla frequenza tv cui aveva diritto perché occupata da Rete 4. Una stortura del sistema che l’Unione europea non ha intenzione di tollerare, soprattutto in questo caso quando in ballo c’è il bando di gara per l’assegnazione dei 5 multiplex necessari all’apertura del mercato televisivo italiano. La “pezza” chiesta dall’Ue per cancellare l’infrazione aperta nei confronti dell’Italia sulla legge Gasparri. Il bando di gara preparato dal ministro allo sviluppo economico, Paolo Romani, è arrivato sul tavolo di Almunia pochi giorni prima di Pasqua, ma il commissario ha avuto il tempo di leggerlo e di inviare le prime, informali, osservazioni. Dopo il via libera, il ministero procederà  con la stesura del disciplinare. Il documento sul quale il potere discrezionale di Romani aumenta. 
A preoccupare l’Ue sono soprattutto le differenze tra i 5 mux in gara. Due sono a frequenza unica, due ne hanno due e uno addirittura tre. «Dal punto di vista qualitativo – spiega un addetto ai lavori – non cambia nulla. Le diversità  sorgono nella fase di implementazione perché il digitale terrestre è coordinabile a livello internazionale». Se per i monofrequenza quindi il coordinamento con i Paesi confinanti è relativamente semplice (basta mettersi d’accordo con le autorità  estere una volta sola) per gli altri la situazione è più complessa: «Per esempio – continua l’esperto –, in Liguria, una delle due frequenze del mux in questione potrebbe coincidere con quella che la Francia utilizza per la Corsica e magari la stessa frequenza in Lombardia potrebbe combaciare con una della Svizzera». In realtà  si tratta di un problema solo sulla carta perché nel resto d’Europa i governi si sono messi d’accordo con l’intento di garantire il pluralismo: «A preoccupare Almunia – spiega un consulente del ministero – è il track record italiano e il caso Europa 7. In caso di conflitto, senza l’intervento del ministero, gli editori rischierebbero di non poter trasmettere per anni». Il commissario sta quindi riflettendo se chiedere al Governo di destinare i mux migliori (i due monofrequenza) ai nuovi entranti (tra cui Sky). Lasciando agli incumbent (Rai, Mediaset e Ti Media) gli altri. Ma vorrebbe dire togliere a Mediaset il canale 58, quello sui cui il Biscione sta già  sperimentando l’alta definizione, ma che in realtà  utilizza per trasmettere i suoi canali in differita di un’ora. Senza dimenticare che ad aver steso il testo del bando è il consigliere giuridico di Romani, Stefano Selli, ex direttore di Frt, la federazione delle tv private da cui Sky è uscita in polemica un anno fa. Ma Almunia non è entusiasta neppure del sistema di punteggio per la valutazione del beuty contest (il concorso di bellezza). Non basterebbe, infatti, una storia editoriale di successo, ma sarebbe nota di merito la presenza sul territorio nazionale. Come a dire che un Walt Disney potrebbe essere penalizzato dal fatto di non trasmettere già  in Italia. Un vincolo che Bruxelles non sembra gradire.


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