La Thyssen conferma l’addio all’impianto di Terni

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ROMA – ThyssenKrupp scorpora l’acciaio e il futuro di Terni si fa più incerto. Ieri il Consiglio di sorveglianza della multinazionale tedesca ha definitivamente approvato una scelta già  nota: la ristrutturazione globale del gruppo passerà  attraverso il distacco della divisione «Stainless Global», quella che raccoglie le lavorazioni inox. Ciò vuol dire che gli stabilimenti che trattano l’inossidabile potrebbero essere dati in partnership o ceduti. Terni, con il suo acciaio speciale, è uno di questi. A rischio quindi il futuro dei suoi oltre 2.700 dipendenti, e anche quello degli altri siti del gruppo in Italia (Thyssen è presente anche a Ferrara, con un sito meccanico, a Brescia, Imola e Castelfranco Veneto). Le decisioni della casa madre tedesca influiranno quindi sul lavoro di 3600 dipendenti italiani (35 mila considerato l’intero gruppo che nel complesso ha 180 mila addetti e ha chiuso il primo semestre fiscale con utili operativi del 22 per cento). 

Lo scorporo, votato anche dai sindacati tedeschi che siedono nel Consiglio, ha messo in «estremo allarme» i sindacati italiani – parecchio arrabbiati con i colleghi oltreconfine – ha destato grande preoccupazione negli enti locali ed ha riportato l’attenzione sui problemi che nascono dall’affidare a multinazionali settori strategici come quello della siderurgia. 
Ieri il presidente del cda tedesco, Hieisinger, ha smentito le voci sui tagli per 35mila dipendenti («stiamo cercando, in modo responsabile, nuovi proprietari per le società »), ma la sua risposta non ha tranquillizzato affatto i sindacati italiani, che temono accordi sottobanco fra la multinazionale e i potenti colleghi dell’Ig Metal. «Avevamo chiesto un incontro con loro prima di prendere qualsiasi decisione, ma hanno firmato lo scorporo senza nemmeno avvertirci – dice Vittorio Bardi della Fiom-Cgil – Siamo stupefatti e sconcertati da questo comportamento». 
La questione è giudicata «inaccettabile» da tutto il sindacato. Con una nota congiunta Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl e la Rsu di Tk-Ast di Terni, avvertono: «Non intendiamo delegare la rappresentanza e troviamo particolarmente sgradevole che altri abbiano deciso sulle sorti delle produzioni anche italiane». «Ora – chiede Laura Spezia, segretaria nazionale Fiom-Cgil – il governo non si tiri fuori come ha già  fatto altre volte su vertenze multinazionali».
La mobilitazione è annunciata, ma la preoccupazione per il futuro dello stabilimento umbro è altissima anche i presidenti della regione, della provincia e per il sindaco di Terni, che chiede dettagli sullo scorporo. In città  si teme la vendita a colossi cinesi o indiani del settore. Clima teso, dunque, considerati anche i precedenti. Nei giorni scorsi, infatti, gli industriali italiani avevano applaudito un intervento di Espenhahn, amministratore delegato di Thyssen condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario in seguito all’incendio nello stabilimento di Torino dove persero la vita sette operai. Espenhahn aveva detto che il gruppo avrebbe investito in Italia (e ieri Hieisinger ha escluso che lo scorporo sia legato alla condanna). All’applauso degli imprenditori era seguita una feroce polemica e le scuse ufficiali di Confindustria. Martedì prossimo la presidente Marcegaglia incontrerà  i familiari delle vittime.


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