La svolta scomoda di Strauss-Kahn
Lo scandalo sessuale che ha travolto il direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, fa tirare un gran sospiro di sollievo a molte persone potenti: non solo al presidente francese Nicolas Sarkozy, che si è liberato del suo più pericoloso sfidante alle prossime elezioni, ma anche al gran capitale occidentale, banche e multinazionali, che vedono tramontare la svolta ‘a sinistra’ dell’Fmi che Strauss-Kahn aveva appena annunciato.
Nelle ultime settimane, forse anche con un occhio al suo impegno elettorale in patria, l’economista parigino aveva più volte ribadito la necessità storica di trasformare il Fondo monetario internazionale da cinico strumento delle élite capitaliste occidentali a istituzione promotrice dell’uguaglianza e dell’occupazione.
Solo pochi giorni fa il famoso economista americano Joseph Stiglitz, noto critico degli eccessi del liberismo selvaggio, scriveva che ”un nuovo Fmi è pian piano emerso sotto la guida di Dominique Strauss-Kahn”, con un ”notevole sforzo di distanziarsi dalle vecchie idee sui mercati del capitale e del lavoro”. Stiglitz cita le parole con cui Strauss-Kahn ha concluso un suo recente intervento pubblico: ”Occupazione e uguaglianza sono i pilastri della prosperità economica e della stabilità politica, e devono costituire il cuore della nostra agenda politica”.
Quale fosse, nello specifico, la svolta auspicata da Strauss-Kahn lo spiegava il mese scorso il Washington Post. In un articolo dal titolo inequivocabile, ‘Il capo dell’Fmi per un maggior ruolo dello Stato in economia’, si legge che ”per Strauss-Kahn deve essere estesa la regolamentazione statale dei mercati, le politiche globali devono promuovere una più equa distribuzione dei redditi e le banche centrali devono fare di più per contrastare l’eccessiva espansione dei prestiti e dei prezzi”.
”La scorsa settimana – continua il Post – Strauss-Kahn ha dichiarato: ‘Il pendolo oscilla dal mercato verso lo Stato; la globalizzazione ha portato molto, ma ha anche mostrato un lato oscuro, un crescente abisso tra ricchi e poveri: abbiamo bisogno di una nuova forma di globalizzazione se vogliamo evitare che la mano invisibile di mercati poco regolati diventi un pugno invisibile. Ci vorrà molto tempo per riparare i danni causati dalla mancanza di supervisione del mercato: l’intera sfera pubblica deve fare di più”.
”Possiamo solo sperare che governi e mercati tengano conto delle parole di Strauss-Kahn”, concludeva Stiglitz. La sua speranza è svanita in una camera d’albergo di New York.
Come futuro direttore dell’Fmi circola con insistenza il nome di un campione del liberismo: il britannico ‘principe delle tenebre’ Peter Mandelson, ex spin dottor di Tony Blair, commissario europeo al Commercio fino al 2008, ministro del Business di Gordon Brown fino allo scorso anno e, ovviamente, membro del Gruppo Bilderberg.
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Un audit sul debito pubblico
Noi vogliamo fare nostra la proposta che ha già raccolto decine di migliaia di adesioni in Francia (tra i promotori Susan George, Francois Chesnais, Etienne Balibar, consultabile su www.audit-citoyen.org, e rilanciata in Italia dalla campagna Rivolta il debito) di una commissione in grado di visionare il debito pubblico, come è è contratto, a favore di chi e di quali interessi.