La regola dell’insulto

by Editore | 12 Maggio 2011 6:41

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Nel caso in questione, Moratti ha accusato Pisapia di essere stato responsabile di un furto, citando una vecchia sentenza della Corte d’assise che dichiarava il reato estinto per amnistia. Non ha però detto che Pisapia non si è accontentato dell’amnistia ma ha presentato appello perché voleva essere riconosciuto innocente, come era. La strategia della mezza verità , dell’informazione non completa, ha il compito di mettere l’avversario sotto una luce opaca. Inoltre, poiché è basata sull’effetto-immediatezza del percepito, è una strategia che punta sull’efficacia della prima notizia: la precisazione verrà  comunque dopo e non sarà  altrettanto efficace negli effetti emotivi. Non avrà  probabilmente la stessa attenzione d’ascolto e può non essere ascoltata o essere rubricata sotto la categoria umiliante dell’auto-giustificazione. 
Una mezza verità  è terribilmente dannosa, peggio di una maldicenza, proprio perché non può essere accusata di falsità , ma deve essere completata con l’altro pezzo di verità  mancante; e spesso questa aggiunta di informazione ha un posto secondario. Negli obiettivi di chi pratica il killeraggio del carattere, l’esito delle mezze verità  deve essere quello di far sì che nell’opinione della gente resti in primo luogo l’associazione immediata del nome di Pisapia con un processo penale per furto e un amnistia (non l’innocenza). Agli artefici della campagna elettorale importa questo. Importa che la notizia di quel fatto incompleto proprio per come è stata confezionata riesca a generare il dubbio nella mente degli elettori, inducendoli a pensare che se fumo c’è significa che c’è stato incendio. La notizia crea la cosa. Il dubbio crea la diffidenza. La diceria fa concludere che anche quel candidato non è, in fine dei conti, meglio del suo avversario. 
Il killeraggio dell’avversario è un capitolo della propaganda. La propaganda come strategia di persuasione (la prima forma fu istituita ufficialmente dalla Chiesa nel 1622 con la Sacra Congregatio de Propaganda Fide, appunto per “propagare” nel mondo la fede cattolica) è un sistema di organizzazione della persuasione che si propone di neutralizzare la ragione per far presa sulle emozioni e sull’immaginazione. La propaganda non è un’azione isolata o eccentrica. Richiede un centro motore, un cervello organizzativo che si avvalga di varie competenze allo scopo di: escogitare tattiche, raccogliere le informazioni che servono a metterle in pratica, diffondere dicerie e “voci” su obiettivi nemici, infine e se possibile fare affidamento sul monopolio dell’attenzione mediatica. Lo scopo è di spostare l’attenzione dell’opinione da un obiettivo a un altro; di cambiare completamente il tema del discorso e dell’attenzione se necessario. 
Da questo momento fino alle elezioni di domenica prossima, questo fatto giudiziario e le illazioni che ha generato avranno un’assoluta esposizione, mettendo tutto il resto in secondo piano. Come nel caso celebre che ha coinvolto e che ancora coinvolge il presidente Obama: le cose che fa diventano irrilevanti quando un sistema ben orchestrato insiste nel dirlo non americano. In questo caso si tratta di una falsità , non di una mezza verità , ma l’effetto è non meno devastante per la credibilità  di chi ne è vittima. Il presidente ha mostrato a tutti il suo certificato di nascita ma non è stato sufficiente. Visto che i certificati di nascita, dicono i fedeli del Tea Party, sono prodotti da uffici governativi, non sono un documento veritiero. Non è del resto la menzogna il mezzo usato dalla propaganda, ma il far credere che ciò che si dice “potrebbe essere vero”. Ecco quindi l’obiettivo del killeraggio del carattere: generare un senso indefinito di diffidenza che erode la fiducia e fa pensare che, in fondo, anche le certezze certificate siano un artefatto e come tale una potenziale non-verità . Non c’è scampo per chi è stato fatto oggetto di attacco diretto. Anche perché l’attacco è perpetrato perché si presume che ci sia molta gente pronta a credere, e a ignorare le “prove”. 
La demolizione dell’avversario presuppone un’opinione politica polarizzata; presuppone due paesi, l’uno disposto a dubitare sistematicamente dell’altro, e quindi pronto a credere ciò che dell’altro si dice, anche qualora a diffondere le notizie sia un centro di propaganda. Le democrazie mediatiche, personalistiche e spettacolari nel carattere, sono particolarmente esposte alla proliferazione di questi mezzi indecenti. Le trasmissioni televisive dette di “approfondimento” sono un teatro collaudato. Ministri e politici che vi partecipano sono velocissimi nel trasformare una discussione sulle “cose” in un attacco diretto a un interlocutore che non dice le “cose” che piacciono. La demolizione del carattere consiste nel gettare discredito sulla persona proprio quando le proprie ragioni non sono efficaci. Lo scopo è far sì che chi ascolta smetta di prestare attenzione a quel che l’interlocutore dice e si concentri su quel che si dice di lui. Non c’è moderazione nell’uso di questa strategia proprio come non c’è nella propaganda di guerra, quando l’avversario diventa un nemico totale da demolire.

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