La ragazza che si finse ragazzo

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Un velo le incorniciava il volto, i capelli corti le spuntavano sbarazzini. La guardavo e vedevo gli occhi di una donna nel corpo di un uomo vestito da donna. Era bella ma strana. Ai tempi dei Taliban la conoscevano tutti come “il giovane Faris”, ma in realtà  il suo vero nome era Farida. Era un ragazzo che lavorava molto per mantenere la sua famiglia, ma in realtà  era una ragazza che aveva dovuto rinunciare alla sua natura per vivere in un mondo dove contavano solo i maschi. Aveva camminato, mangiato, scherzato con loro. 

Aveva ingannato tutti. Faris era Farida, il ragazzo era una ragazza. Almeno lo era stato per quasi undici anni. Da quando ne aveva dieci finse di essere quello che non era. Una mattina aveva indossato gli abiti di suo fratello morto e non se li era più tolti fino a qualche mese prima che l’incontrai. All’inizio era facile, maschi e femmine da ragazzini sono simili, ma durante l’adolescenza ogni giorno era diventata una sfida, il suo segreto era in pericolo ogni volta che sorrideva, che il suo sguardo di donna cominciava ad imporsi. Con delle garze si stringeva il petto fino a togliersi il respiro, non lo liberava neppure la notte per paura che la mattina le crescesse un po’ di più. 
Da maschio era un ragazzo timido, lavoratore, diligente, faceva tutto quello che gli dicevano per non dover mai discutere con nessuno, cercava di parlare il meno possibile e di non fare troppa amicizia. Quando nei suoi più reconditi pensieri si permetteva di essere donna, era una ragazza affaticata, coraggiosa e responsabile, piena di voglia di vivere. 
Ora è solo se stessa, desiderosa di studiare, di riprendersi la sua adolescenza perduta


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