La rabbia degli “indignatos” che contagia l’Europa

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Confusa e profonda a un tempo, questa rivoluzione si estende a tutto il continente, a incominciare da Puerta del Sol, la grande piazza di Madrid dove dieci giorni fa alcune centinaia di giovani hanno piantato le loro tende per gridare la rabbia di una generazione che sotto i 25anni è disoccupata al 50%. Sostenuto dall’immediata simpatia delle famiglie, che non possono ammettere di veder precluso fino a questo punto il futuro dei loro figli, questo movimento di protesta è cresciuto in fretta, attirando un numero crescente di aderenti ed espandendosi a una sessantina di altre città . In due parole, ha attecchito a tal punto che questi “indignati” – come hanno voluto chiamarsi, con riferimento al titolo del best-seller di Stéphane Hessel – hanno creato una nuova realtà  politica.
Ecco cosa dimostra il successo di questa nuova piazza Tahrir: un’economia che offre solo prospettive di regresso sociale, e condanna un governo socialista a imporre drastiche misure di austerità  per evitare il “panico” dei mercati, “non funziona”. «Il liberismo non funziona», sostiene questo movimento, e lo dice con lo stesso tono di tranquilla evidenza a suo tempo usato da Margaret Thatcher per dichiarare: «Il comunismo non funziona». E questa constatazione ha dato luogo a non poche evoluzioni politiche. 
È questa la causa della sconfitta dei socialisti spagnoli, che alle elezioni comunali e regionali di domenica scorsa sono rimasti indietro di dieci punti rispetto alla destra; ma anche di quella della destra tedesca, che dall’inizio dell’anno sta perdendo un Land dopo l’altro; e del precipitare della disgrazia di Silvio Berlusconi alle elezioni amministrative di dieci giorni fa; e della discesa agli inferi dei liberal-democratici britannici, colpevoli di aver approvato le restrizioni di bilancio volute dai loro alleati conservatori.
Questa constatazione giustificata penalizza le maggioranze al governo, sia di destra che di sinistra, costrette a sottostare alle ingiunzioni del mercato. Ma non è tutto. La presa d’atto dell’inefficienza della mano invisibile del mercato suscita il desiderio di nuove offerte politiche; determina in Germania il sorpasso dei Verdi rispetto ai social-democratici, relegati al secondo posto tra i partiti d’opposizione; restituisce spazio ai raggruppamenti a sinistra della sinistra; accomuna nella stessa riprovazione tutte le élite, e infine risuscita, un po’ dovunque in Europa, l’estrema destra. Quest’ultima squalificata dopo la fine della guerra, ora è uscita dall’ombra, perché gli effetti perversi della globalizzazione – deindustrializzazione europea, disoccupazione, peggioramento del tenore di vita – hanno rimesso in voga il cocktail avvelenato dei primi tempi del fascismo, ove alla nostalgia per lo Stato-provvidenza si univano temi quali la difesa dei confini nazionali entro i quali era avvenuto il suo sviluppo, il nazionalismo, le accuse indiscriminate ai politici (“tutti marci”), la lotta per il mantenimento delle conquiste sociali, la xenofobia.
L’Europa sta vivendo un momento inquietante: la rabbia senza prospettive, le attese senza una speranza tangibile rischiano di precipitarla in una crisi politica di grande portata. Se non troverà  i suoi punti di riferimento, la rivoluzione che sta sorgendo rischia di perdersi in una palude senza scampo. Il pericolo è tanto grande da esigere una risposta urgente.
È urgente insistere su un punto: se anche le sinistre devono inchinarsi davanti ai mercati, non è perché sono vendute o cieche, ma perché dati i rapporti di forze, non hanno scelta. Tra democrazia e mercato il rapporto di forze si è ormai rovesciato. I pubblici poteri di uno Stato nazione – le istituzioni dello Stato, il governo – non possono fare granché a fronte del denaro, che è libero di andare a cercare i rendimenti più alti dove meglio crede. Nel caso europeo, i pubblici poteri dovrebbero avere dimensioni continentali per poter fronteggiare col loro peso un mercato globalizzato. Ecco perché dobbiamo costruire un’Europa politica in grado di regolamentare il mercato. Non di abolirlo, perché il comunismo “non funziona”, ma di canalizzarlo e di domarne la forza, dato che anche il liberismo “non funziona”.
Il crollo di Wall Street lo aveva dimostrato. Ma dopo il salvataggio da parte degli Stati, il potere del denaro si è lanciato in un nuovo assalto contro di essi, oggi un po’ più logorati dagli sforzi per ovviare ai guasti da quello stesso potere provocati. 
O la sinistra è europea, o non è. A questo deve tendere oggi il nostro impegno.
Traduzione di Elisabetta Horvat


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