La nuova corsa di Prodi “Io pronto ad aiutare mai lontano dal gruppo”

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BOLOGNA – Ai suoi compagni di bicicletta spiega: «L’importante è non perdere il contatto con il gruppo. Guardando il gruppo di testa e non perdendo per strada gli ultimi. Nella prima gara della mia vita io sono arrivato dodicesimo. Ma primo è arrivato uno che si chiama Adorni. Dici poco. E da allora siamo sempre rimasti in contatto. Qualcuno più bravo in una cosa, qualcuno in un’altra. Io non vinco le volate, però non mollo mai e alla fine ci sono».

Romano Prodi ama la bici e le metafore a pedali. È a cavallo di una bicicletta che si può spiegare quel che sta avvenendo con Prodi in politica. «Non perdere i contatti. Poi si vedrà ». Non lo dice lui, lo raccontano quelli che lo cercano. Nessun ritorno alla politica del giorno per giorno. L’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue se la gode a fare il pensionato globe trotter, fra lezioni e incontri, dagli Usa alla Cina, dal Kazakistan a Parigi. Diventerà  nonno per la sesta volta, terzo nipote maschio. Però soffre a ogni sgarbo, ogni dimenticanza italiana. Così ogni tanto ritorna. 
«L’obiettivo è unire e non dividere». Non pensa più a una “corsa”, come quella del 1996 o del 2006. Ma a qualcosa che non lo «stacchi» dal gruppo che in questo momento comanda il giro. Sa che tra due anni può cambiare tutto. Tant’è che i “suoi” delineano una strategia verso il Quirinale, nel 2013. Si tratta di scenari politici che devono cambiare, di alleanze e preferenze da costruire. Ufficialmente lui si chiama fuori da tutto. Ma, appunto, si ritaglia il ruolo di “Grande Vecchio” in un’opposizione che non trova risposte al Berlusconi declinante. Vede Enrico Letta, vede Pier Ferdinando Casini. Sente Pier Luigi Bersani. Lo cercano. Lui sul suo sito web mette un programma Sky su «Mortadella batte Nano Pelato due a zero». Lo evoca Nichi Vendola, volto almeno in parte nuovo, che propone qualcosa che assomiglia alla sconfitta Unione prodiana: il Professore tiene le distanze anche per non creare problemi di leadership al Pd a cui è iscritto e che ama anche se diverso da come l’aveva concepito.
Nostalgia, progetto, bisogno di un traghettatore o almeno di un grande consigliere per un blocco senza leader. «Io ci sono sempre per aiutare», va ripetendo. È su questa scia che si è presentato a fianco di Pier Luigi Bersani all’ultimo comizio della campagna bolognese. È su questa scia che bacchetta e insegna. «Gli eredi dell’Ulivo non possono continuare a litigare fra loro» dice alla sinistra. Usa le stesse parole di Giorgio Napolitano. «O si crea un’alternativa responsabile o non si vince». A Bologna, dopo essersi ignorato per mesi (ricambiato) con il candidato Virginio Merola, alla fine chiama a «una maggioranza forte e chiara». Il sostegno finale nella «mia città » è esploso dopo che alle primarie la moglie e la portavoce avevano sostenuto una antagonista all’uomo Pd.
«Uniti o suicidi» dice Prodi ai sindacati divisi. «Serve una visione dell’economia diversa» insegna alle coop. Ride ai blog di Corrado Guzzanti che lo rappresentano «fermo come un semaforo», ripete di essere un diesel. Guarda ed aspetta. «E ogni tanto, quando è fuori da troppo tempo, dà  una pedalata e raggiunge gli altri. Non è tanto difficile», sospirano i suoi. Lui tace.
È una rete quella che Prodi periodicamente tenta di non perdere. Una rete che ancora una volta sembra cercarlo. Prodi ripete di venire da «una stagione finita». Sa benissimo che chi l’ha voluto e subito avversato, è ancora lì. A 72 anni, nonostante l’alta convinzione di sé, non si illude che il passato ritorni. «Tornerebbero ad attaccarmi» ha sospirato quando in una Bologna senza guida eppure sempre città -simbolo molti avevano insistito perché facesse il sindaco di progetto, passaggio e formazione di un nuovo gruppo dirigente. Ha detto no, con qualche magone.
Adesso si muove nella stessa aspettativa rispetto al quadro italiano. «Serve un ricambio» ripete, pur non amando il fiorentino Renzi, definendosi «nonno e pensionato», osservando Montezemolo e Mario Monti. Non perdere i contatti, lontano-vicino, essere vissuto come traghettatore fra passato e futuro. Questo è il Prodi 2011. Con qualche vezzo. A Merola ha detto che «il sindaco deve stare nei giorni feriali al pezzo come un metalmeccanico, mentre nei festivi deve celebrare come un parroco». Al sindaco precedente, Flavio Del Bono, aveva detto di «avvitare e dipingere Bologna». Del Bono, prodiano di ferro, è durato qualche mese, poi si è dimesso per guai di donne. Ma come tutti quelli che non vogliono «perdere il contatto con il gruppo», è sempre pronto al rish finale.

 


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