La capacità italiana di reagire
Vediamo, attraverso gli anni, qualche esempio di capacità reattiva in un sistema politico in crisi, in Italia e fuori. Mi riferisco a circostanze in cui furono necessarie iniziative audaci, fuori del comune, per superare uno stallo. Indicherò, per cominciare, un evento che si svolse fra catastrofi infinitamente più gravi delle nostre attuali: l’Inghilterra nella primavera del 1940. Hitler avanzava, travolgeva l’Europa; il governo inglese capeggiato da Neville Chamberlain, quello stesso Chamberlain che prima firmò gli accordi di Monaco, poi dichiarò la guerra, aveva fatto il suo tempo, non era in grado di fronteggiare la situazione. Come sostituirlo? Nuove elezioni, in pieno conflitto, non erano proponibili. Ma quel grande paese, capace di gestire le situazioni difficili, o disperate che fossero, seppe reagire. Furono gli stessi conservatori a licenziare il Primo ministro, che era uno dei loro. Un deputato conservatore, Amery, pronunciò in Parlamento, in una seduta storica, la famosa invettiva: “va’ a casa ! – gridò, guardando con sfida il Primo ministro – go home !” Chamberlain presentò le dimissioni. E gli inglesi scovarono un personaggio, Winston Churchill, che fino a quel momento era sembrato un po’ velleitario, un po’ pasticcione: li portò alla vittoria.
Spostiamoci in Italia, un paio di anni più tardi. Nel 1943 anche la nostra crisi era grave: il nemico sbarcava in Sicilia. Benito Mussolini, non più in grado di gestire la crisi, travolto dagli eventi, ormai diceva solo sciocchezze, come quella del “bagnasciuga” dove sarebbero finiti gli invasori, “in posizione orizzontale.” Come liberarsi di lui ? Quel tipo di regime non prevedeva elezioni, che comunque sarebbero state impensabili. Ma il sistema trovò al suo interno una capacità reattiva sufficiente per mandare a casa il capo, e per mettere in sella Badoglio, che potè instaurare con gli anglo-americani un dialogo, se non da paese alleato, per lo meno da paese cobelligerante. Fu salvato il salvabile.
E vediamo gli Stati Uniti, al tempo di Watergate. Nixon, il presidente, era ferito all’ala: aveva mentito, era squalificato. Come liberarsene ? C’erano scarsi precedenti, si presentavano poche vie d’uscita: ma il sistema fu abbastanza reattivo per sbloccare la situazione. Nixon fu indotto a uscire di scena, la crisi fu superata.
Si dirà che ho scelto, per indicare esempi di reattività del sistema, casi estremi. Posso anche citare episodi recenti, meno drammatici. Negli ultimi mesi è entrato in ebollizione il Nordafrica: in due casi, la Tunisia e l’Egitto, la reattività del sistema ha funzionato, c’è stato un avvicendamento abbastanza fisiologico al vertice di quei due paesi, le grandi crisi (almeno finora) sono state evitate. Ma gli episodi che ho citato, profondamente diversi uno dall’altro nella genesi e nelle circostanze, hanno comunque una caratteristica in comune: ogni volta, un sistema politico bloccato, ridotto alla paralisi o all’inefficienza perché il titolare del potere era diventato ingombrante e ne impediva il funzionamento, è stato abbastanza reattivo per liberarsi dell’ostruzione, per riprendere il cammino.
L’Italia è a sua volta in una situazione di stallo: Silvio Berlusconi è assorbito dai problemi giudiziari che lo assillano, ha perso autorità e prestigio fra gli alleati e fra i suoi stessi seguaci. Il funzionamento del sistema politico è bloccato: ed è bloccato da lui, in contrasto con Bossi, diffidente di Tremonti, inseguito dai giudici. Gli stranieri che ci osservano si chiedono, con stupore, come sia possibile che un paese come l’Italia, col suo peso demografico ed economico, con le sue potenzialità , non sappia liberarsi dell’ostacolo. Ma il nostro sistema politico, evidentemente, non è abbastanza reattivo per rimuovere l’ostacolo. Ed è questo l’aspetto più preoccupante della situazione.
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