Il suicidio in Italia ai tempi della crisi

by Sergio Segio | 20 Maggio 2011 14:09

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Il rapporto mette in evidenza la connessione tra l’aumento dei suicidi e la crisi economica, con particolare riferimento alla crisi del lavoro. Nel 2009 le persone disoccupate che hanno scelto di togliersi la vita sono state 357, quasi una al giorno e il 37,3% in più rispetto al 2008. Si tratta, perlopiù, di persone “espulse” dal mercato del lavoro, cioè che prima lavoravano e in seguito hanno perso la propria occupazione. Persone per le quali la crisi economica si è trasformata in una gravissima crisi umana, fino alla scelta estrema del suicidio. Nella maggior parte dei casi parliamo di lavoratori rimasti a casa dopo i 40 anni, poco “appetibili” per un mercato che già  fatica ad assorbire i giovani. Le persone in questa situazione in Italia sono circa un milione e mezzo. Mentre i cosiddetti “incollocabili” (i disoccupati over 50) sono 200.000, e per loro è ancora più difficile pensare di trovare una nuova occupazione.  
A fornire questi dati è Atdal Over 40, un’associazione che si occupa a livello nazionale della tutela dei diritti dei lavoratori sopra i 40 anni. La stessa associazione che ha indirizzato una “video-lettera aperta” al ministro Tremonti, dal titolo “Non siamo scarti”. Il filmato, che dura 4 minuti, narra attraverso le parole e i volti di alcuni disoccupati cinquantenni le paure e le aspirazioni di migliaia di persone che lottano contro le difficoltà  economiche dovute alla perdita del lavoro, ma anche contro l’umiliazione e lo scoraggiamento di sentirsi “inutili”, seppure ancora giovani, dopo una vita di impegno e dedizione alla professione. Massimo Gramellini, nel suo editoriale del 19 maggio su La Stampa, li ha definiti “esseri umani azzoppati al culmine della loro maturità  esistenziale, quando l’esperienza si aggiunge all’energia e produce una miscela irripetibile di forza e affidabibilità “. Per sottolineare come – ed è anche il senso del video – sia necessario un ripensamento dell’intero mercato del lavoro, per evitare da un lato lo sfruttamento del lavoro giovanile, in molti casi sottopagato e precario, dall’altro la perdita di competenze, serietà  e passione di lavoratori maturi ma che certo possono ancora dare molto allo sviluppo del Paese.

(Toni Castellano)

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