I ciellini mollano Letizia

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MILANO – Più che la rimonta è iniziata la resa dei conti. Non solo sul fronte leghista. La coppia Santanché-Sallusti ha già  messo sul banco degli imputati Comunione e Liberazione (Cl) e il presidente Roberto Formigoni. Per i falchi del Pdl hanno «remato contro». E se i berluscones sono disposti a fare concessioni ai leghisti in vista del ballottaggio, con i ciellini lo scontro sembra insanabile. Il risultato del primo turno sta facendo deflagrare uno dei rapporti fondanti del berlusconismo in Lombardia. Dunque in Italia. 

I cinque anni di governo della Moratti avevano già  logorato la pazienza del potentissimo movimento di don Giussani. L’infinito braccio di ferro con Formigoni su Expo è stata la più evidente spia di una crisi ben più profonda. La Moratti, «succube degli immobiliaristi», non è gradita a Cl. Giocare per lei, dicono i ciellini che contano, non vale la candela anche perché Letizia, «non ci ha neppure riconosciuto le posizioni di potere che corrispondono alla forza della più consistente organizzazione cattolica presente sul territorio». Sul piano nazionale, poi, il popolo di Cl ha mal digerito il «bunga bunga» del Cavaliere. In Regione hanno subìto l’imposizione della Minetti come un’ingerenza e quando è diventata l’igenista più famosa del mondo il malcontento si è trasfomato in rabbia. 
La campagna elettorale muscolare imposta da Berlusconi e dai suoi soldati è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In effetti Formigoni non si è scapicollato per la Moratti. E nessuno se lo poteva aspettare. Dopo il disastro di domenica però è stato il primo a parlare. Santanché e Sallusti glielo hanno subito rinfacciato accusandolo di essersi prestato alle comparsate, anche nelle tv del nemico Lerner. Il governatore magnanimo oggi dice di essere pronto a raccogliere i cocci della catastrofe provocata dalla Moratti. «La sinistra farebbe bene ad aspettare prima di festeggiare, le faremo una sorpresona». Ma più che a sinistra sembra dover contrattaccare a destra. «Non siamo masochisti – ha detto – avevamo cinque persone in lista con la Moratti, se vincesse diventerebbero tutte consiglieri oltre a due assessori uscenti. Basta questo per capire che i miei amici si sono impegnati. La musica nel Pdl è intonata, ma c’è qualcuno che stecca». La Moratti, tanto per cambiare. La calunnia a Pisapia è stata un boomerang, ripete Formigoni. Lui pubblicamente mostra di essere pronto a offrire l’altra guancia e a fare i conti dopo la rimonta. Ma Moratti e i duri e puri sono troppo astiosi per smettere di sputare veleno. La sindaca, sempre più uscente, a parole invoca toni moderati, ma è in preda a una crisi di nervi. Il cambiamento improvviso del suo staff è segno che si è lasciata andare ad un’altra intemperanza. Ha ripreso a Palazzo Marino Paolo Glisenti, ma ha divorziato dalla Sec, la società  di comunicazione di Fiorenzo Tagliabue, vicina a Cl, che ha seguito Pisapia alle primarie. Sono colpevoli di non aver avallato l’improvvido e calunnioso attacco a Pisapia, anche se il Giornale li ha accusati del contrario. Altro che toni bassi, volani i coltelli. E al di là  della facciata ancora una volta sono i falchi a dare la linea alla Moratti.
Le voci nei piani alti di Cl sono durissime. «Non si può cavare sangue dalle rape. Moratti è sopravvalutata, quando era alla Rai Saccà  le ha regalato questa immeritata immagine di manager, ma è solo fredda e altezzosa». Lo scontro con Formigoni, poi, sarebbe «dovuto all’invidia e a un malcelato senso di inferiorità ». Il popolo ciellino non sopporta più nemmeno Berlusconi. Quando Maurizio Lupi lo ha difeso rilanciando la panzana secondo cui davvero credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak, anche i devoti hanno cominciato a non rispondere più agli ordini di scuderia. «Credo che alcuni non abbiano votato Moratti, magari hanno votato per i nostri candidati che infatti sono andati bene ma non per lei. Va bene l’obbedienza, ma se poi dobbiamo votarla in nome della Santanchè…». 
E Pisapia? Non sarebbe una tragedia avere a che fare con lui. «Tutto dipende dalla squadra che vorrà  costruire, deve solo stare attento ai temi etici. Ma non dovrebbe essere difficile lavorarci insieme, per esempio su progetti di solidarietà . Gli possono rinfacciare la vicinanza ai centri sociali, ma a questo punto dovrebbero schierarsi il Papa e i cardinali». Se sono questi i fedelissimi che dovrebbero salvare la baracca, allora l’ardito equilibrio di poteri alla base del berlusconismo sta saltando per davvero. Almeno a Milano.


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