Honduras, il Frente di resistenza benedice il mediatore Chavez

by Sergio Segio | 3 Maggio 2011 15:43

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Il rappresentante del Frente, Juan Barahona, ha emesso un comunicato in cui si precisa: “Approviamo la mediazione proposta a Cartagena de Indias e diamo la nostra piena fiducia al presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela, Hugo Rafael Chà¡vez Frà­as, per la sua volontà  verso la democrazia. Una posizione che smentisce le voci che volevano il Fronte diviso sul ruolo di Caracas. Anzi, lo scorso 16 aprile, Barahona volò da Chà¡vez per dimostrargli quanto la resistenza honduregna creda in lui e nelle sue capacità  diplomatiche. Anzi, all’incontro fra i due partecipò persino Manuel Zelaya, il capo di stato legittimo defraudato del potere dai golpisti del 28 giungo 2009. Che a sua volta ha definito il Venezuela un esempio di popolo che si evolve. “A voi noi ci ispiriamo, popolo venezuelano. Mi sento molto vicino a voi, saluto il popolo simbolo del processo di trasformazione”.

E comunque, il Frente non ha lasciato niente a caso e ha consegnato ai mediatori una proposta che comprende dal ritorno di tutta la classe politica esiliata, compreso Zelaya, ancora rifugiato nella Repubblica Domenicana. I primi punti sono comunque la fine della politica repressiva e il giusto processo per tutti coloro che hanno violato i diritti umani. Altri punti sono “che si avviino le procedure per l’installazione di un’Assemblea Nazionale Costituente partecipativa, includente e democratica” e “che si riconosca il Fnrp come una organizzazione politica e sociale belligerante in Honduras”.

Una missione importante quella di Juan Manuel Santos, Colombia, e Chavez, visto che ormai sono due anni che il paese è in una situazione di stallo politico, con un governo, quello attuale di Profirio Lobo, emerso da elezioni illegali, organizzate da coloro che hanno realizzato il golpe. E che continuano a sedare le opposizioni con minacce e violenza.

Dal 5 luglio 2009 l’Honduras è fuori dall’Organizzazione degli Stati americani, decisione presa dai paese membri appunto in rappresaglia al golpe. Dal gennaio successivo, quando prese il potere, Lobo non ha mai smesso l’offensiva diplomatica per essere riammesso a sedere nei banchi dell’Osa.

 

 

 

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