Grecia, la Ue punta i piedi “Niente aiuti senza garanzie”
ROMA – Dopo il Fondo monetario, anche la Ue minaccia di bloccare la prossima tranche di aiuti alla Grecia se non darà sufficienti garanzie. «Noi europei poniamo le stesse condizioni del Fmi», annuncia il commissario Olli Rehn. «La situazione è molto seria». Un giudizio analogo lo aveva già espresso il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Tutto dipenderà dall’esito dell’ispezione sui conti del paese da parte di Ue, Fmi e Bce, atteso a giorni. Secondo indiscrezioni di Der Spiegel, subito contestate dal ministro Papaconstantinou, la troika sarebbe arrivata alla conclusione che la Grecia non ha rispettato gli impegni previsti e dunque non ha centrato gli obiettivi di bilancio: vi sarebbe un “buco” da 25 miliardi. Papaconstantinou è “fiducioso” sul versamento dei denari: sono 12 miliardi su 110 totali.
L’affare greco si ingarbuglia proprio quando Christine Lagarde decide si avviare un “tour elettorale” presso i riottosi Brics – soprattutto Brasile, India, Cina, Sud Africa – per assicurarsi la direzione generale del Fmi, lasciata scoperta dalle tumultuose dimissioni di Dominique Strauss-Kahn. Tanto più urgente diventa la successione, perché l’istituzione è la più attrezzata a gestire la crisi del debito sovrano e dunque in primo luogo proprio i guai di Atene. «Entro in campagna», dichiara alla radio francese il ministro dell’economia, annunciando che già oggi sarà a Brasilia. «Andrò a presentarmi. Queste nazioni sono preoccupate. Vogliono essere rappresentate in un’istanza internazionale e vogliono un direttore generale a vocazione universale. Per questo andrò lì». Se eletta, la signora lascerà il governo Sarkozy perché i due incarichi sono incompatibili. Se bocciata, allora resterà al ministero: «Dalle mie consultazioni con il presidente della Repubblica e con il premier non c’è stata ombra di un dubbio in proposito». Prima di partire Lagarde ha anche detto che Strauss Kahn al Fmi «ha lavorato bene, non c’è dubbio». Dopo il sì compatto di tutti i paesi europei, nel recente vertice di Deauville la candidatura francese ha ottenuto il via libera del russo Putin e l’ok “a titolo personale” del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, sostenitrice di “donne qualificate” al vertice delle istituzioni internazionali. «Avrei difficoltà a immaginare che il presidente Obama non sia d’accordo», s’era sbilanciato Sarkozy, accreditando l’ipotesi che la nomina fosse ormai «cosa fatta». In realtà però Obama, senza scoprirsi, ha solo ricordato che «c’è una procedura e occorre seguirla». La selezione – secondo l’appello del ministro del Tesoro Tim Geithner- deve essere «aperta, trasparente e professionale», come chiedono anche i cinesi. E ieri la Casa Bianca ha ribadito il concetto: «Gli Usa appoggiano il processo di nomina messo in piedi dal Fmi; vogliono che produca il miglior candidato possibile». Gli osservatori parlano di divergenze tra una Clinton più filo europea e un Geithner più interessato al dialogo con la Cina. Il voto americano è decisivo: gli Usa sono il maggior azionista del Fondo. La decisione finale è attesa per metà giugno.
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TANTE GRAZIE ALLA SPD
La fine era nota. Almeno nella sostanza. Poi, naturalmente, c’è una questione di proporzioni, di relazioni, di scelte soggettive. Che in politica contano, eccome. Tuttavia la vicenda tedesca non si discosta di molto dalle coordinate che da circa un ventennio regolano la partita tra destra e sinistra in Europa.