Gli operai di Sestri assaltano la prefettura e la città  torna a vivere l’incubo del G8

by Editore | 25 Maggio 2011 8:00

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GENOVA – La testa abbassata e il volto coperto di sangue, sono la fotografia della protesta dei 777 operai che lottano per difendere il posto di lavoro. Il corteo compatto e arrabbiato dei lavoratori per dire no al piano di Fincantieri che chiude lo stabilimento di Sestri Ponente, a Genova, e ridimensiona quello di Riva Trigoso, nel levante ligure, si trasforma in un assedio alla prefettura e sfocia nei tafferugli con la polizia. Dopo dieci anni, Genova per quattro ore rivive gli incubi del G8. I lavoratori colpiscono con le aste delle bandiere. Lanciano bottiglie e sampietrini. Spingono i cassonetti davanti al portone del palazzo del Governo e minacciano di incendiarli: «A fuoco tutto, a fuoco la polizia», gridano. I poliziotti del 6° reparto mobile di Bolzaneto, la caserma dove ci sono state le violenze del G8, battono i manganelli sugli scudi e rispondono con le mazzate agli operai che tentano di sfondare il cordone di protezione.

I contusi sono almeno una ventina, i feriti quattordici. Quattro operai, uno con un profondo taglio in testa, e dieci agenti: il più grave ha una lesione a un dito. «I poliziotti sono figli di poveri come noi, perché ci picchiano?», urla Antonio Masala riferendosi ai versi della poesia di Pier Paolo Pasolini rivolta agli studenti dopo gli scontri di Valle Giulia del 1967. Solo il fax che arriva alle quattro di pomeriggio da Roma calma l’ira. Il governo convoca il 3 giugno Fincantieri per rivedere il piano industriale e trovare una soluzione alla chiusura. I lavoratori applaudono, alzano le braccia verso il cielo in segno di vittoria e sciolgono il presidio che ha bloccato via Roma e piazza Corvetto, nel cuore della città .
È la cronaca di una mattinata di rabbia e violenza. Di un corteo che ha percorso dodici chilometri con la paura e la speranza per il proprio futuro. «L’ho fatto per mio figlio, perché un giorno non mi possa dire papà  perché non hai lottato per me», dice Marco P., 32 anni, dopo il terzo e ultimo tentativo di aprire una breccia ed entrare in prefettura. Studenti, anarchici, centri sociali, pensionati: in tanti si uniscono ai lavoratori. «Basta un giorno in parlamento per avere 3mila euro di pensione al mese per tutta la vita – grida un delegato sindacale che ha potuto parlare con il prefetto – Noi siamo qui per mille euro e per sapere se finiremo in mezzo a una strada: non ci ruberanno il nostro futuro».

 

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