Con dignità  e partecipazione Milano ha già  vinto comunque

by Editore | 29 Maggio 2011 5:58

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L’ha percepito Giuliano Pisapia, dopo le primarie vinte a sorpresa contro il candidato del Pd: c’è un sommovimento in corso nella società  milanese, un new deal civico che lui ha intercettato e per questo ha chiesto ai partiti che lo sostengono un tattico e salutare passo indietro (che l’ha portato al 48%al primo turno). Anche se ci sono due Milano nell’urna del ballottaggio, anche se i modelli proposti dal candidato del centrodestra e da quello del centrosinistra sono in gran parte contrapposti, il sentimento che lega la città  al suo destino è trasversale: contano le persone, la fiducia, il rispetto, l’onestà , contano le proposte che si possono misurare coi fatti e si riflettono sulla vita di ogni giorno, come la sicurezza, il traffico, l’aria, la pulizia, il decoro urbano, persino le buche nelle strade e i tombini da riparare, argomenti sottaciuti troppo a lungo nel prologo infinito che ha preceduto il voto e ha avvelenato un clima che avremmo preferito diverso. Milano ha già  vinto, sotto questo aspetto, una partita importante: quella della dignità , dell’autocontrollo e della moderazione. La città  è rimasta con i piedi per terra anche quando le tensioni sembravano incendi e gli insulti diventavano sfacciati. Al sindaco, che il giorno dopo il ballottaggio sarà  il sindaco di tutti, Milano oggi chiede di essere coinvolta in un progetto comune. Che poi è quello di garantire quelle precondizioni di vivibilità  che vengono prima di ogni altro discorso, di ogni chiacchiera e di ogni protagonismo. Solo dando risposte ai problemi concreti e alle emergenze, evitando i parassitismi e le clientele della bassa politica, si possono affrontare gli altri obiettivi più ambiziosi. Quelli di Letizia Moratti, che immagina una città  più bella da vivere con un equilibrio tra risorse pubbliche e private, e quelli di Giuliano Pisapia che promette innovazione e benessere puntando sull’ambiente e la cultura. Comunque vada si dovrà  far leva sull’orgoglio, la risorsa impalpabile di Milano, quell’orgoglio che si manifesta nelle tante, straordinarie energie e conoscenze che la città  racchiude in sé. E che servirà  per il decollo di Expo, la grande occasione su cui il Pdl doveva litigare meno e comunicare di più. Le parole chiave di Letizia Moratti (integrazione, giovani, famiglia, donne, lavoro) e Giuliano Pisapia (trasparenza, partecipazione, sviluppo, giovani, futuro) indicano un modello e uno stile destinati a segnare il prossimo quinquennio non solo a Palazzo Marino: possono condizionare i percorsi del centrodestra e modificare quelli del centrosinistra, diventare bussola per scomporre e ricomporre alleanze. Milano è da sempre lo specchio dell’Italia, il termometro sensibile delle oscillazioni dell’opinione pubblica e di quella borghesia che è tornata in campo, schierandosi, nella roccaforte del centrodestra, dalla parte del centrosinistra. Molto si è detto e scritto dell’isolamento in cui è stata lasciata Letizia Moratti, della maschera che il sindaco uscente ha indossato per adeguarsi ai toni forti della campagna elettorale dei suoi alleati. La squadra presentata prima del ballottaggio è il segnale di una ricomposizione che attende il giudizio degli elettori. Giuliano Pisapia ha lasciato le sue caselle vuote, sostenendo che, se verrà  eletto, avrà  più forza per non subire le pressioni delle varie anime della sua coalizione (dove il Pd ha un ruolo chiave, ma dove cercano spazio le componenti della sinistra estrema). Il dopo, chiunque vinca, non sarà  facile per entrambi: se Letizia Moratti deve tenere a bada il fuoco amico, il rischio per Pisapia è di dover rispondere a troppi interlocutori. «Non lasciatemi solo» , ha detto ai sostenitori dal palco di piazza Duomo. C’è attesa, emozione, entusiasmo, paura. Mai un’elezione a Milano, dal 1993 ad oggi, era stata caricata di tanti significati. Tra i tanti ce n’è uno, meno politico e più civile. Lo ricorda spesso il cardinale Tettamanzi: «Il Paese ha bisogno di Milano, Milano può dare tanto al Paese» .

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