Fitoussi: “Basta voti dalle agenzie di rating su di voi sbagliano”

by Editore | 23 Maggio 2011 7:12

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ROMA – «Le agenzie di rating continuano a gettare scompiglio sui mercati, ma è tempo che qualcuno ricordi loro che non sono comparabili a veri esperti delle economie nazionali. E non tocca a loro indicare quali sono le riforme da fare. Ci mancherebbe». L’economista Jean-Paul Fitoussi non si unisce al coro dei “l’avevo detto io” dopo l’allarme di Standard & Poor’s sulla sostenibilità  del debito italiano. Anzi, ribalta le accuse con veemenza.

Quindi S&P’s e le altre agenzie non sarebbero credibili?
«Senta, ma perché dobbiamo fidarci di questi signori? Non ho mai visto analisi rigorose: chi sono gli economisti che lavorano con loro, quali metodi usano, quali parametri considerano? Nulla ci viene fatto sapere: la mancanza di trasparenza nelle loro analisi sarebbe già  una colpa: se l’aggiungiamo alle responsabilità  che hanno avuto nella crisi, per le quali non hanno pagato un soldo di danno né hanno subìto riforme o regolazioni, ne esce un quadro deprimente. La conclusione è che non bisogna più starle a sentire».
C’è un problema di metodo, d’accordo. Ma il merito? La base del ragionamento è concreta: il debito italiano è alto, il governo non dà  l’impressione di poterlo abbassare.
«L’analisi è più complessa. L’Italia ha un debito pubblico elevato ma un basso debito privato. La solidità  patrimoniale dei cittadini è ferrea, non c’è pericolo che non abbiano più soldi per pagare le tasse». 
Ammesso che le paghino…
«Lasci stare l’evasione fiscale, o la corruzione, è un altro problema che non è nato oggi. Parliamo di solidità  del paese, che è fuor di dubbio. Sa qual è la verità ? Che le agenzie hanno visto ridursi la clientela fra le aziende private, e si concentrano sui debiti sovrani. Cercano pubblicità  con uscite a sensazione».
Intendiamoci: vengono pagate per la loro funzione di auditing, non è che si accaniscono per gusto sadico.
«I paesi sottoscrivono gli “abbonamenti” perché così fan tutti, e sarebbe ancora più rischioso restare fuori dal giro dei rating. Ma non è un vero auditing perché manca la responsabilità  che è legata a questa funzione. Sono solo dei “pareri”, e ciò va corretto. Ha visto com’è finita con l’allarme sull’America? Che i mercati, dopo un minimo sbandamento iniziale, se ne sono infischiati. Le agenzie perdono credibilità  ogni giorno: ora si dice che abbiano nel mirino la Francia. Chiuderanno il cerchio con la Germania, non mi stupirei».
Cosa si potrebbe fare in concreto per difendersi?
«Una misura urgente, non solo per questo motivo, sarebbe che l’Europa trovasse unità  e determinazione, dalle quali uscirebbe più forte. Invece i paesi non perdono occasione per parlarsi contro l’un l’altro: è successo con la Grecia, con il Portogallo, con la Spagna. Al quadro di conflittualità  fa riscontro il vuoto di decisioni. S&P’s ha fatto un buco nell’acqua con l’America perché se l’è trovata di fronte compatta e forte. Se l’Europa desse la stessa impressione, stia sicuro che i signori del rating perderebbero smalto e le loro sentenze non sarebbero più così ascoltate».

 

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