Finisce l’isolamento di Gaza l’Egitto riapre la sua frontiera

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GERUSALEMME – È finito l’assedio di Gaza, quasi cinque anni di isolamento che hanno profondamente segnato la Striscia e il milione e mezzo di palestinesi che ci abita. Ieri mattina l’Egitto ha riaperto a tempo indeterminato la sua frontiera con Gaza autorizzando per la prima volta la libera circolazione delle persone, una decisione salutata con gioia dai palestinesi che lascia però Israele molto preoccupato per i possibili sviluppi nell’ambito della sicurezza. «Senza un efficace controllo la riapertura della frontiera aumenterà  il traffico d’armi e l’ingresso di terroristi filo-qaedisti nella Striscia», denuncia il ministro israeliano Sylvan Shalom. Con la riapertura del valico di Rafah, l’unico dell’enclave palestinese che non è controllato da Israele, ieri i primi cinquecento palestinesi hanno potuto attraversare la frontiera in direzione dell’Egitto. Dalla caduta di Hosni Mubarak in Egitto lo scorso 11 febbraio, le nuove autorità  egiziane avevano riaperto il valico ma solo in misura sporadica o per motivi umanitari. Esultano naturalmente gli uomini di Hamas. Dice Ghazi Hamad della direzione del movimento integralista: «La decisione egiziana è il frutto del grande cambiamento in Egitto e della riconciliazione palestinese. È un momento di grande gioia dopo anni di blocco totale».

Il regime dell’ex raìs egiziano è accusato da Hamas di complicità  con gli israeliani per la sua decisione di mantenere chiuso il valico anche nei momenti più duri per la Striscia come durante la guerra del 2009, contribuendo anche alla grave crisi che ha strangolato l’economia e favorito la presa degli integralisti sulla Striscia. Mubarak giustificava la chiusura di Rafah con la lotta al contrabbando. In effetti sono più di 400 i tunnel che passano sotto i 12 chilometri di frontiera fra Gaza e l’Egitto; nei cunicoli scavati nella sabbia passa di tutto: dalla lavatrice ai medicinali, dalle auto alle moto, e soprattutto armi, ogni tipo di arma, kalashnikov e missili grad, mortai e rampe di lancio. Imposto da Israele nel 2006 dopo il rapimento del soldato Gilad Shalid, il blocco (terrestre, aereo e navale) era stato rafforzato nel 2007 quando Hamas assunse il controllo della Striscia cacciando Fatah, il partito del presidente Abu Mazen.
Ora, dopo la riconciliazione di tutti i gruppi palestinesi uniti sotto Abu Mazen, il clima della Striscia sembra migliorato. Hamas sosterrà  il “governo del presidente” che «verrà  varato nei prossimi dieci giorni», dice Nabil Shaat, il consigliere del raìs palestinese che proprio ieri era in visita nella Striscia. Abu Mazen vorrebbe ancora come premier Salam Fayyad, l’economista con vent’anni d’esperienza alla Banca Mondiale, che ha risollevato – per quanto possibile – l’economia della Cisgiordania e che è molto ben visto dalla comunità  internazionale. Ma sia Fatah che Hamas vorrebbero un nome nuovo. Sulla composizione del governo il presidente è chiaro: sarà  formato solo da tecnici e organizzerà  le elezioni entro un anno.

 


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