Fango nell’urna

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Siamo sempre in uno studio televisivo e mancano tre giorni al voto. Letizia Moratti chiude il faccia a faccia con l’avversario, Giuliano Pisapia, presentandolo come ladro e terrorista mancato. Lo accusa di essere pregiudicato per furto d’auto e sequestro di persona in una vicenda di trent’anni fa dalla quale uscì assolto. Mentre la scena va in onda negli studi milanesi di Sky, un altro candidato del centrosinistra, Mario Morcone, avverte di temere le conseguenze del «metodo Boffo», messe in atto dal centrodestra per conquistare la poltrona di Napoli. Morcone si aspetta il peggio dall’area politica sostenuta dall’onorevole Cosentino, il parlamentare berlusconiano destinatario di una richiesta d’arresto.
E’ in questo clima che cade, inascoltato, l’ennesimo appello del presidente Napolitano. Il capo dello stato torna a ripetere che nella battaglia politica non va oltrepassata la soglia del «rispetto reciproco», ma il suo messaggio resta senza seguito.
In campagna elettorale i colpi bassi fanno parte del gioco. La calunnia, la denigrazione e il falso dovrebbero invece restare fuori dal ring. A meno che a duellare per la guerra all’ultimo voto non siano i candidati-portavoce di uno che di amnistie e prescrizioni invece se ne intende. 
Disperata e imbottita di fango, negli ultimi secondi del match televisivo, Moratti ne ha buttato addosso a Pisapia una manciata accusandolo di un reato dal quale la giustizia lo ha assolto: «per non aver commesso il fatto». Pur essendo stato vittima di un errore giudiziario, Pisapia respinse l’amnistia, si fece processare e il tribunale alla fine lo discolpò da ogni imputazione. Casomai, un buon esempio da seguire per il presidente del consiglio. Evidentemente le cifre scandalose spese per la campagna elettorale non sono bastate a scongiurare lo spettro del ballottaggio. Ora l’avvocato di sinistra che prova a togliere il comando della città  a Berlusconi, per restituirlo al governo dei cittadini, ha querelato Moratti ma la calunnia è ormai nell’etere, e a questo scopo era stata preparata. Abbiamo imparato che la smentita della falsa notizia non ne cancellerà  mai completamente l’effetto.
Esempi di scuola lo dimostrano con esperimenti svolti anche davanti a un pubblico televisivo di sinistra e informato. Le scorie della manipolazione restano e nel killeraggio mediatico l’informazione berlusconiana è maestra. Non fu casuale, del resto, la scelta del Cavaliere, nel ’94, di mettere Moratti a capo della Rai, lei che di tv non sapeva nulla e dunque era perfetta per obbedirgli e iniziare la deriva commerciale del servizio pubblico. Poi le toccò in premio la pubblica istruzione, altra stazione culturale strategica per chi progettava di sostituirla con il piccolo schermo. Questo uso violento e spregiudicato della diffamazione, il «metodo Boffo» usato dalla Moratti, conferma quanto sia alta la posta in gioco nella città  dove il berlusconismo è cominciato e dove ora si sente in pericolo. Peccato che non sia stato compreso da chi, il maggiore partito di opposizione, avrebbe dovuto trasferire il proprio quartier generale nel capoluogo lombardo, offrendo mezzi e idee, soldi e soldati al candidato scelto dalla primarie. Anche se non era quello preferito dal Pd. La denuncia della sovraesposizione di Berlusconi nei Tg è arrivata solo nell’ultima settimana. A chi gli chiede chi voteranno i milanesi un Bersani ottimista risponde «io ci credo». Un atto di fede non si nega a nessuno.


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