Famiglie prudenti, la Borsa fa paura solo il 20% investe in titoli a rischio

by Sergio Segio | 10 Maggio 2011 8:10

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MILANO – Titoli di Stato sì, azioni no. Gli anni passano, ma le abitudini degli italiani non cambiano, almeno sul fronte degli investimenti del risparmio. Al punto che l’atteggiamento delle famiglie è diametralmente opposto a quello delle aziende quotate. Se le prime sono tra le meno indebitate d’Europa (e anche per questo hanno tenuto a galla il Paese durante la crisi), le seconde sono ai vertici della classifica. Secondo quanto emerge dalla relazione annuale della Consob, nel 2010 il rapporto fra debiti finanziari e fatturato si attestato – seppure in calo – al 62%, superando Francia, Germania e Gran Bretagna dove la forchetta oscilla tra il 45 e il 30%. E come se non bastasse, le quaranta società  del Ftse Mib, il principale listino di Borsa Italiana, hanno registrato un calo complessivo degli utili del 2%, quando alla fine del 2009 si scommetteva su un deciso recupero dei profitti. Una dinamica che proprio non convince gli italiani: solo uno su cinque (erano il 25% nel 2007) ha nel proprio portafoglio un prodotto finanziario rischioso (azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze vita). Gli altri si dividono tra depositi bancari, risparmio postale e titoli di Stato. Anche in questo caso, però, aumenta la voglia di “protezione” e nel 2010 è raddoppiata l’esposizione verso i credit default swap sui debiti sovrani, le assicurazioni che tutelano gli investitori in caso di fallimento di un Paese.
È cresciuta del 10,2% a 212,8 miliardi l’esposizione degli italiani verso prodotti strutturati, strumenti caratterizzati da opzioni di rimborso anticipato o da “tetti” che limitino l’esposizione alla variabilità  dei tassi. Come a dire che, prima di tutto, i risparmiatori pensano a difendersi dall’inflazione, senza però perdere la presa sulla loro liquidità . Un atteggiamento dovuto anche alla scarsa fiducia verso i promotori finanziari: il 21% dei piccoli investitori è convinto che i consulenti «perseguano soprattutto gli interessi della banca/istituzione cui appartengono, piuttosto che quelli del cliente». Ma non solo. Continuano, infatti, ad aumentare quanti pensano che il servizio di consulenza abbia «un basso valore aggiunto». Le famiglie che si ritengono molto soddisfatte dai servizi di consulenza Mifid sono scese dal 38% del 2007 al 10% dello scorso anno.
Complessivamente, poi, nel 2010, le sanzioni della Consob sono raddoppiate, pur con un importo complessivo minore, come a dire più infrazioni, ma meno gravi. E a fronte di 241 multe (138 nel 2009) l’ammontare delle sanzioni è calato da 21,1 a 14,6 milioni di euro. Una dinamica che – spiega la Commissione – è dovuta alla particolare gravità  di alcuni fatti relativi al 2009: le multe per insider trading e manipolazione sono scese a 4,2 milioni dai 9,2 e le confische di beni da 20,9 a 2 milioni. In calo anche l’ammontare delle multe nei confronti delle società  quotate che non hanno fornito le dovute informazioni in casi di sollecitazione, Opa e patti parasociali: il controvalore è calato da 10 a 7,8 milioni, mentre il numero dei casi rilevati è salito da 38 a 66. Quanto ai promotori finanziari, i provvedimenti sanzionatori sono aumentati da 74 a 146.

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