by Editore | 26 Maggio 2011 7:44
PARIGI – Un lungo catalogo di proposte, ma nessuna soluzione. Il primo e-G8 dedicato a Internet si è concluso ieri senza un documento comune. Alla fine di due giorni di tavole rotonde, interventi, dibattiti, non è stato possibile trovare l’accordo su un testo condiviso da portare al G8 di Deauville. Le discussioni tra oltre un migliaio di partecipanti al forum hanno fatto emergere posizioni distanti, spesso opposte, tra chi difende l’idea di un Internet completamente aperto o chi è invece favorevole all’introduzione di alcuni paletti. «Lavoreremo ancora nella notte, speriamo in un’intesa almeno su alcuni punti», ha spiegato Maurice Levy, ad del gruppo Publicis e organizzatore del forum.
Una delegazione di sei personalità del web, tra cui anche le star Eric Schmidt (Google) e Mark Zuckerberg (Facebook), incontrerà oggi gli otto capi di Stato e di governo. «E’ già un successo aver portato Internet al centro delle discussioni di questo G8», ha chiosato Levy. Molti i temi controversi. Dalla protezione dei dati personali usati dai social network e da alcuni gestori, al concetto di copyright e di sanzioni per chi lo viola. Il presidente francese Sarkozy aveva inaugurato il vertice chiedendo agli operatori di accettare «un minimo di regole e valori comuni», posizione ripresa ieri dalla Commissaria europea incaricata delle nuove tecnologie, Neelie Kroes. «Bisogna regolare le pratiche in modo efficace», ha detto.
Le domande polemiche hanno accompagnato tutti gli incontri dentro alla tensostruttura allestita nei giardini delle Tuileries. Zuckerberg ha dovuto smentire che Facebook sarà presto aperta ai minori di 13 anni. «Non vogliamo farlo. Ma il problema, è vero, si pone», ha detto il fondatore di Facebook. Il ragazzino newyorchese è stato invitato all’Eliseo da Sarkozy. «Sarebbe sbagliato sostenere che è merito mio se ci sono state le rivoluzioni in Tunisia ed Egitto – si è schermito – sono i popoli che lo hanno deciso». Alcuni operatori hanno chiesto ai governi di fare di più. Rupert Murdoch ha pronunciato una “lezione” sull’istruzione delle nuove generazioni. «La scuola resta ferma all’800 con un insegnante, una classe, un gesso e una lavagna quando sarebbe ora di aprirsi al digitale», ha detto il presidente di News Corp. Meno regole e vincoli è la richiesta del presidente di Telecom Italia, Franco Bernabé. «Occorre ridurre l’asimmetria tra i nuovi attori del mercato e gli operatori tradizionali delle telecomunicazioni».
Uno degli incontri più affollati dell’e-G8 ha riguardato il futuro della carta stampata. “La Rete uccide i giornali?” era la domanda posta ad alcuni dei principali editori mondiali. «Assolutamente no», ha risposto Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo Editoriale L’Espresso. «Si diceva la stessa cosa all’avvento della radio e poi della televisione». Un ottimismo confermato dall’amministratore delegato del New York Times, Arthur Sulzberger Jr. «La carta stampata non scomparirà , i redditi digitali potranno sostenere il brand nel lungo periodo». Resta in piedi un problema di protezione dei contenuti originali. De Benedetti ha ricordato il ricorso all’Antitrust italiana del Gruppo Editoriale L’Espresso contro Google. «Pensiamo sia ingiusto che Google o altri prendano i nostri contenuti senza pagare». Una posizione simile è ora seguita dall’Associazione europea degli editori a Bruxelles. «Stiamo affrontando una delle più grandi migrazioni di lettori nell’epoca dei mass media», ha riconosciuto Robert Thomson del gruppo Dow Jones che pubblica il Wall Street Journal. Stesso commento dal “rivale” Sulzberger: «Il nostro modello economico è stato stabile per decenni. Ora non esiste più alcuna leadership consolidata e al riparo dai rischi».
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