Emergenza rifiuti, Roma come Napoli a rischio l’ad Ama

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Il Codacons – che dopo un monitoraggio condotto nel marzo scorso ha dato il via alla «più colossale class action contro il degrado della città » – chiede l’intervento dell’esercito, «come a Napoli». L’Idv annuncia un reportage di 5 mila fotografie per documentare la sporcizia delle strade romane, e l’opposizione in Campidoglio chiede le dimissioni dei vertici dell’Ama, l’azienda municipalizzata di gestione del ciclo rifiuti. Ma per il sindaco Alemanno e la sua giunta le critiche sono «pretestuose» dopo un primo maggio di passione con un milione e mezzo di persone nelle piazze della capitale: «Certo, è possibile trovare un cassonetto che non è stato svuotato ma è una caccia al tesoro», assicura l’assessore all’Ambiente Marco Visconti che evidentemente non si è allontanato molto, almeno da venerdì scorso, dal centro storico e dal Vaticano.
L’allarme era scattato da tempo, fin dall’ottobre 2010: differenziata bloccata al 18%, impianti fermi, discarica di Malagrotta satura e senza possibili alternative, contenziosi con gli operatori ecologici e pure con i gestori, che poi nella Capitale è uno solo, il monopolista Manlio Cerroni, proprietario della Colari, l’azienda che gestisce Malagrotta e l’impianto di preselezione di Rocca Cencia che da ieri ha chiuso i battenti per un contenzioso con l’Ama. Mille tonnellate di rifiuti per strada che si sono accumulate da San Giovanni a Centocelle e che, secondo il capogruppo Pd in Campidoglio, Umberto Marroni, sono «la dimostrazione del fallimento della giunta Alemanno sulla gestione dei rifiuti e dell’Ama, il cui Ad, Franco Panzironi, risulta tra gli indagati nella cosiddetta inchiesta Parentopoli» (fu lui, a detta dello stesso sindaco, a nominare l’estremista di destra Stefano Andrini ai vertici dell’azienda). Malgrado i poteri speciali conferiti alla presidente della Regione Renata Polverini per riuscire a scovare un sito adatto ad una nuova discarica, la missione si è rivelata più ardua del previsto anche perché sono ormai decine i comuni insorti contro l’apertura di una megadiscarica nei pressi di Allumiere, nell’alto Lazio. E così, dopo tanti annunci e promesse, alla fine anche la Capitale è al collasso.
Contraddittorie, però, risultano le motivazioni addotte dalla giunta capitolina e dai vertici dell’Ama: «Da venerdì scorso abbiamo ricevuto almeno tre discordanti giustificazioni e nessuna risposta scritta – commenta mentre conclude un giro di ricognizione, Gianmarco Palmieri, minisindaco del VI municipio, quartiere semiperiferico multietnico e molto sporco -: prima l'”emergenza” beatificazione, poi gli straordinari del primo maggio, tutti eventi ben prevedibili, e infine hanno preso come scusa la chiusura dell’impianto di Rocca Cencia della Colari». Stabilimento, chiuso in realtà  solo ieri, che peraltro secondo il Noe lavora quantità  di rifiuti oltre i limiti di progettazione. «Il problema è stato risolto – annuncia invece l’Ama – entro due o tre giorni si tornerà  alla normalità » grazie ad un’ordinanza del sindaco che ha permesso l’utilizzo sostitutivo di un altro impianto a Rocca Cencia, questa volta di proprietà  della stessa azienda. «È una balla colossale», ribatte Marroni che chiede un immediato consiglio comunale straordinario. Non c’è alcun impianto funzionante e le cose peggioreranno dopo il 10 di maggio, data in cui le discariche del Lazio hanno annunciato una serrata di protesta».


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