Ecco come funziona il «waterboarding»
L’ asse della lavandaia sulla quale è stato risciacquato 183 volte Khalid Sheikh Mohammed, il progettista dell’attacco alle Torri Gemelle, per strizzargli le informazioni. Gli arresti senza mandato dei nemici combattenti e le celle a Guantanamo. Gli interrogatori irrobustiti (enhanced in inglese, il termine usato dalla Casa Bianca di George W. Bush per non evocare la brutalità della tortura) e le prigioni segrete sparse in tutto il mondo, come in un tiro di dadi nella partita contro gli estremisti. Rappresentano il lascito oscuro della guerra al terrorismo che Barack Obama ha cercato di purgare, attirandosi un paio d’anni fa l’ira dell’ex vicepresidente Dick Cheney: «Come chierichetti moralisti hanno cancellato queste tattiche. Così mettono in pericolo le vite degli americani» . Il primo a ricordargli la parola che il presidente democratico ha sbianchettato dal manuale di condotta della Cia è stato Steve King, deputato repubblicano dello Iowa, via Twitter: «Mi chiedo che cosa penserà adesso del waterboarding?» . Anche Liz Cheney, che dirige il pensatoio conservatore Keep America Safe, ha celebrato le tecniche propugnate dal padre: «Dobbiamo ringraziare gli uomini e le donne dell’intelligence che attraverso gli interrogatori dei detenuti più importanti hanno sviluppato l’informazione che sembra averci portato a Osama Bin Laden» . Una glorificazione che ha fatto replicare a Jane Mayer del New Yorker: «Ci sono voluti dieci anni per trovare e uccidere il capo di Al Qaeda, ma sono bastate meno di ventiquattr’ore agli apologeti della tortura per attribuirsi il successo» . Il confronto sugli abusi ruota attorno al dettaglio del «corriere» , il postino da pedinare che avrebbe portato i Navy Seals al bunker di Osama. Sheikh Mohammed ne avrebbe parlato sotto interrogatorio — racconta il New York Times — più per depistare che confessare e quando ormai non era sottoposto a waterboarding: il prigioniero viene disteso su una tavola, i piedi all’insù, sulla faccia incappucciata gli viene versata dell’acqua, la sensazione è quella di affogare (la pratica è stata bandita tra il 2005 e il 2006). «Nessuna delle informazioni che hanno portato all’uccisione di Bin Laden è stata ottenuta con la tortura » , commenta la senatrice democratica Dianne Feinstein. Con la commissione Intelligence che presiede, sta esaminando 3 milioni di documenti, e-mail, cablogrammi per investigare i casi di violenza perpetrati dalla Cia durante l’amministrazione Bush. «Ho visto e saputo molto. Niente giustifica l’uso di quelle procedure» . Martin Scheinin, relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani e l’antiterrorismo, ha scritto due anni fa il rapporto che denunciava il sistema di prigioni segrete: «La tortura è bandita dalle convenzioni internazionali, gli Stati Uniti con la loro condotta hanno permesso ai Paesi non democrati- ci di giustificare gli abusi» . Tra il 2002 e il 2003, Mohammed Qahtani viene interrogato nel carcere di Guantanamo, sull’isola di Cuba. Il cosiddetto ventesimo dirottatore— sarebbe dovuto salire su uno degli aerei sequestrati l’ 11 settembre— viene portato in giro a quattro zampe legato al guinzaglio, umiliato sessualmente e costretto a urinarsi addosso, secondo i dossier classificati rivelati da Wikileaks. Donald Rumsfeld elogia «gli sforzi di intelligence condotti a Guantanamo» . Anche l’ex capo del Pentagono sfrutta il blitz per riabilitare «le strutture che abbiamo allestito durante gli anni di Bush: hanno mantenuto alta la pressione sui terroristi e portato a questo risultato» . Andrew Sullivan sulla rivista Atlantic trova «orribile» che «i repubblicani in cerca di gloria esaltino la tortura come il loro contributo principale. Perché non il loro lavoro di intelligence dal 2005 in avanti, proprio quello che avrebbe portato al raid?» . Da assistente del procuratore generale degli Stati Uniti, John Yoo codifica «l’opinione sugli interrogatori 8/1/02» , quello che viene ricordato come il «memorandum sulle torture» . Con le sue direttive il giurista costruisce per la Casa Bianca di Bush un quadro legale che considera permesse alcune tecniche di coercizione. «Immaginate che cosa sarebbe successo se Obama avesse gestito allora la situazione?» , provoca in un intervento pubblicato dalla National Review. «Non ci sarebbero stati il programma di interrogatori più duri, niente sorveglianza dei terroristi, Guantanamo o tribunali militari. Ai nostri nemici sarebbero stati garantiti troppi benefici legali» . Philip Gourevitch chiede sul New Yorker di dimostrare che l’America ha abbandonato i metodi di Yoo scegliendo di non rendere pubblica la foto del volto sfigurato di Bin Laden. «Ad Abu Ghraib e in troppi altri luoghi delle nostre guerre post 11 settembre abbiamo mischiato le ferite causate da Al Qaeda con lesioni auto-inflitte. Abbiamo abbandonato i nostri principi in nome della loro difesa. La morte di Osama ci permette di voltare pagina e su quella pagina non può essere stampata come un trofeo la sua testa insanguinata» . La Casa Bianca ha deciso di non diffondere le immagini.
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