È partita la caccia al mullah Omar “Lo troveremo prima degli americani”

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ISLAMABAD – «Ci sarà  una grande operazione militare a Quetta. Per il mullah Omar e i suoi accoliti i giorni sono contati». La caccia al leader dei Taliban è iniziata, e l’uomo che la racconta a Repubblica sa di cosa parla. Ha cinquant’anni ed è uno dei più alti ufficiali dell’Inter-Service Intelligence (Isi), il servizio segreto pachistano. «I dati che abbiamo raccolto, con l’aiuto di altri servizi di intelligence, dimostrano che dovrebbe trovarsi nell’area che circonda Quetta. Il capo dell’esercito (il generale Ashfaq Pervez Kayani, ndr) e la nostra leadership civile hanno deciso di prenderlo prima che lo facciano gli americani con un’altra operazione in stile Bin Laden».

Che il leader dei Taliban si trovi nella regione di Quetta le intelligence occidentali lo sospettano da tempo. Anzi sospettano qualcosa di più, che sia protetto in quell’area da una rete di cui farebbero parte anche agenti dei servizi pachistani. In fuga da dieci anni, sull’uomo che i militanti onorano con il nome di Amir al-Mumini (il comandante dei fedeli) si sa pochissimo. Dopo l’11 settembre 2001, a differenza di Bin Laden, non ha rilasciato video di propaganda e gli agenti che gli danno la caccia non sono riusciti a trovare tracce di telefonate o di incontri con gli altri leader della “Shura di Quetta”, il “Consiglio dei Capi” che guida l’autoproclamatosi “Emirato Islamico dell’Afghanistan”. 
L’Isi ritiene che si nasconda nella regione di Quetta, la capitale del Baluchistan immersa tra le montagne del Pakistan ai confini nord-occidentali con l’Afghanistan; per la Cia potrebbe anche trovarsi a Karachi, la più grande città  del paese. Lo scorso gennaio, dando fede alle notizie dell’Eclipse Group – un’intelligence privata formata da ex agenti Usa – il Washington Post scrisse (costretto poi a smentire) che il mullah Omar era stato ricoverato in un ospedale locale per un’operazione al cuore. Da dieci anni a questa parte è stato dato più volte per morto o per catturato, è stato “visto” nelle zone tribali di confine, a Kandahar, addirittura qualcuno giura di averlo visto guidare un taxi a Londra. Tante leggende metropolitane, che sono servite ad alimentare la sua fama di “primula rossa” ma che l’Isi liquida come «totalmente false».
«Che lui sia a Quetta o nei dintorni è praticamente certo», assicura la nostra fonte, «in breve tempo saremo in grado di rintracciarlo e prenderlo. Potremmo anche ucciderlo come hanno fatto gli americani con Bin Laden, ma le assicuro che noi lo vogliamo vivo». Che la caccia sia aperta lo conferma anche il ministro degli Interni Rehman Malik: «Abbiamo avuto vari incontri sul mullah Omar ed abbiamo deciso di stanarlo. Non si trova nelle aree tribali, pensiamo che sia in qualche area cittadina. Non posso dire se sia a Quetta o in Pakistan, ma non posso lo neanche escludere. È per questo che stiamo pianificando un’operazione di bonifica nell’area di Quetta, dove si troverebbe stando ai rapporti della nostra intelligence. Se si trova lì lo arresteremo, se opporrà  resistenza lo uccideremo. Una caccia all’uomo? Sì, posso confermare che abbiamo dato il via libera, anche se noi crediamo che non sia in Pakistan e abbiamo chiesto ai nostri servizi prove certe».
Sull’esito dell’operazione è più scettico il generale Hameed Gul, ex capo del Inter-Service Intelligence. «Da quello che ho sentito le forze di sicurezza stanno per lanciare una grande operazione non solo a Quetta ma anche nelle aree tribali del Nord Waziristan. E l’obiettivo, oltre al mullah Omar, è anche Ayman Al Zawahiri. Bene, io dico che per mesi, anzi per anni, si è detto che Omar si nasconde a Quetta e allora mi domando perché il governo non abbia agito prima. La verità  è che lo negano, così come hanno sempre negato che ci fosse Bin Laden, solo che gli americani lo hanno trovato e ucciso. Ora io non so se Omar è a Quetta, ma sicuramente ci sono molti militanti Taliban. La prima cosa da fare è catturarli e punirli».
L’ultima notizia sul capo dei Taliban risale al 12 aprile scorso. Stando a una nota ricevuta dal giornale afgano Arman-e-Melli il mullah Omar è stato insignito del titolo di “Mawlawi”, molto ambito dai religiosi islamici, perché generalmente viene dato a chi ha compiuto profondi studi nelle scuole coraniche. «Trenta aiutanti e sostenitori del mullah Omar si sono incontrati alla fine di Hut 1389 (il mese del calendario islamico che finisce il 20 marzo 2011) a Quetta, e preparando un turbante bianco gli hanno conferito il titolo di Mawlawi». Non si dice ovviamente se lui fosse presente, ma questa onorificenza dimostrerebbe che è ancora vivo e che è saldamente in sella come leader dei Taliban. Secondo l’analista afgano Mohammed Zaher, questo titolo potrebbe essere per lui un boomerang. Un “Mawlawi” è un grande studioso e «tutti sanno che lui non lo è». Pur senza arrivare alle definizioni che ne ha dato in passato l’intelligence Usa («un semi-analfabeta che al massimo ha incontrato nella sua vita una dozzina di non musulmani»), Zaher commenta: «Potrebbe essere la sua disfatta politica».
Chi avrebbe potuto guidare i cacciatori del mullah fino al suo covo è il colonnello Sultan Amir Tarar, un pachistano meglio comosciuto come “colonnello Iman”. Reclutato dalla Cia durante gli anni della guerra ai sovietici in Afghanistan (fu lui ad accompagnare tra i combattenti mujahiddin il deputato texano Charlie Wilson, l’uomo che convinse il Congresso ad armarli di missili), Iman ha avuto tra i suoi seguaci negli anni Ottanta proprio il giovane Omar, tanto da farlo curare a Karachi quando il mullah perse un occhio. Dopo l’11 settembre venne richiamato in patria, entrò in conflitto con il generale-presidente Musharraf e venne messo al bando dai circoli militari e dei servizi. Sapeva tutto dei Taliban infiltrati in Pakistan, ma proprio da loro venne catturato mentre accompagnava nel Nord Waziristan un documentarista britannico. Il 23 gennaio 2011 è morto in prigionia per un attacco cardiaco. Senza di lui è tutto più difficile. Ma la fonte dell’Isi non ha dubbi: «Troveremo Omar, e lo troveremo presto».


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