E oggi tocca a Confindustria in 5000 delusi dal governo

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BERGAMO – «Paghiamo tutti i mesi le tasse e i contributi. Non credo che possiamo fare molto di più». Alberto Bombassei, vicepresidente della Confindustria, risponde così al premier Berlusconi che ha invitato gli industriali a chiedere meno e fare qualcosa per il governo. Una risposta fredda, quella di Bombassei. Distaccata e insofferente. In linea con l’umore della base confindustriale che oggi terrà  alla Fiera di Bergamo la sua Assise nazionale per scrivere l’agenda delle priorità  necessarie per far tornare a crescere l’economia ben oltre lo striminzito “zero virgola qualcosa” previsto dal Documento di economia e finanza. Un’agenda diversa da quella del governo. 
Non a caso lo stesso Bombassei ha parlato di «frustatina» a proposito del pacchetto sviluppo approvato due giorni fa dal governo che aveva, tra gli altri, l’intento evidente di provare a depotenziare l’appuntamento confindustriale di oggi: cinquemila imprenditori blasonati o meno, grandi e piccoli. Delusi, tutti, da tre anni di politica economica scadente e dalla visione corta. E al loro appuntamento gli industriali, per una volta, non hanno invitato i politici: nessuno. Se non uno strappo, la fine di un’illusione. Perché questo governo, all’inizio della legislatura e proprio all’inizio della presidenza di Emma Marcegaglia, era stato salutato come quello in condizione, per la presunta omogeneità  della sua maggioranza, di cambiare il Paese. Non è stato così e non sarà  così. Lo sanno bene gli industriali. «Ma noi – ha detto ieri la Marcegaglia nel suo breve saluto al Consiglio generale allargato della Piccola industria riunito sempre a Bergamo, alla Brembo – non abdicheremo alla nostra indipendenza: noi chiediamo un cambiamento forte».
Oggi ci sarà  la lunga giornata di discussione a porte chiuse su “L’Italia che vogliamo”, come è stata intitolata la kermesse. Titolo che ripete uno slogan di prodiana memoria. Poi le conclusioni della Marcegaglia. Ma per capire il sentimento confindustriale è bastato ieri assistere all’inedita chiamata all’applauso del presidente della Piccola, Vincenzo Boccia: «Facciamo rumore. Così che “qualcuno” senta come siamo arrabbiati e delusi».
Perché gli industriali sanno che la crescita dipende molto da loro. Ma ben due terzi dei piccoli (il 97% delle imprese aderenti a Confindustria ha meno di 250 addetti) pensa sia necessario «un governo che potenzi e dia prestigio al sistema Paese». Ecco cosa pensano gli industriali. E cominciano a dirlo: questa è la novità .

 


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