E adesso chi paga per i videocomizi
Ma chi pagherà le analoghe multe inflitte dalla stessa Agcom al Tg1 (anch’esso recidivo) e al Tg2, per la messa in onda delle interviste illecite al presidente del Consiglio sulle reti della televisione pubblica? Le pagherà la Rai. E cioè, tutti noi cittadini, telespettatori e abbonati, che versiamo il canone d’abbonamento. Cittadini di destra, di centro o di sinistra; vittime dello strapotere mediatico del premier e della stradebolezza professionale dei giornalisti che lo subiscono.
Onore al merito della collega Elisa Anzaldo, dunque, punita dal direttore del Tg1 per essersi rifiutata di prestare ancora la propria immagine a questo scandalo quotidiano della tv di regime. Anche Mario Orfeo, l’ex direttore del Tg2 passato da poco alla guida del quotidiano Il Messaggero, aveva ricevuto pressioni politiche alla vigilia delle ultime elezioni regionali, come certamente tanti altri prima di lui. Ma Orfeo aveva saputo respingerle e questi casi dimostrano che perfino alla Rai si può resistere alle interferenze indebite.
Le reazioni scomposte e aggressive del fronte berlusconiano alla pronuncia dell’Authority sono tanto pretestuose quanto contraddittorie. Da una parte, per esempio, si sostiene che il presidente del Consiglio (e capolista del Pdl al Comune di Milano) «era stato zitto per una settimana», mentre dall’altra si contesta il parametro del “minutaggio”. Oppure, si dice che l’invasione delle pseudo-interviste televisive “non ha spostato un voto”, senza neppure aspettare l’esito dei ballottaggi. O ancora, si afferma a posteriori che in realtà il bombardamento mediatico è stato un boomerang perché ha provocato il crollo degli ascolti. (E nella foga polemica, lo stesso centrosinistra finisce per cadere in alcune di queste contraddizioni).
Cominciamo a dire, innanzitutto, che – quanto al cosiddetto “minutaggio” – una cosa è diluire gli interventi di un leader politico in più giorni, magari con il contrappeso delle repliche di parte avversa; un’altra cosa è concentrarli in un giorno solo, o addirittura nel “prime time” di una serata, con l’effetto di un videomessaggio a reti (pressoché) unificate. Ma il problema comunque non si misura soltanto con il cronometro alla mano, come in una gara a tempo. Si tratta, piuttosto, di verificare le modalità secondo cui la comunicazione avviene e di valutarne quindi la legittimità : e qui la pronuncia dell’Agcom, come risulta dalle cinque delibere pubblicate nel suo sito, è molto chiara e precisa.
Queste non erano vere interviste, con domande e risposte, richieste e spiegazioni, obiezioni e chiarimenti o anche eventuali esitazioni e reticenze. Erano comizi, o meglio telecomizi, camuffati da interviste trasmesse “in serrata sequenza”, come osserva l’Authority. “Pubblicità ingannevole”, si direbbe nel linguaggio del marketing: un’overdose tale da provocare magari una reazione di rifiuto o di rigetto. E comunque si tratterebbe di un abuso di potere, al di là delle regole, oltre che di un grossolano errore tecnico del Grande Comunicatore.
Ancorché trasmessi all’interno dei telegiornali, e anzi proprio per questo ancora più illegittimi, i videomessaggi di Berlusconi – secondo l’Agcom – non corrispondono ai principi di una corretta informazione, bensì alle caratteristiche proprie della comunicazione politica. E in quanto tali, appunto, avrebbero dovuto essere bilanciati da equivalenti e contestuali interventi degli altri candidati, negli appropriati spazi elettorali.
Auguriamoci, allora, che il bombardamento mediatico del 20 maggio non abbia spostato davvero un voto. Altrimenti, ne risulterebbe compromessa la regolarità della competizione elettorale.
(sabatorepubblica.it) La repubblica delle idee – la repubblica, con le sue regole a salvaguardia delle minoranze e a favore dei beni comuni – è l’unico spazio di tutti dove la convivenza civile si può sviluppare in pace.
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