Don Colmegna: “Rom nelle case Aler, noi ci saremo per conciliare i conflitti”

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MILANO – “È vero, fisicamente il campo rom di Triboniano è chiuso, ma il lavoro di integrazione inizia adesso”: a don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità , l’ente che dal 2007 ha gestito il presidio sociale nel grande campo vicino al cimitero maggiore, non è piaciuto il tono trionfalistico con cui ieri la Moratti e Maroni hanno annunciato la fine della vicenda. È inoltre preoccupato per i segnali di intolleranza che alcuni inquilini della case Aler hanno manifestato nei confronti delle famiglie rom arrivate dopo la chiusura venerdì 29 aprile di Triboniano. “Dobbiamo essere chiari -sottolinea don Colmegna-, queste famiglie hanno diritto di stare in quegli appartamenti perché sono stati loro regolarmente assegnati. E dico anche a questi cittadini che protestano che noi ci saremo per favorire l’integrazione e la conciliazione dei conflitti. Non lasciamo soli nessuno, né i rom né chi abita in quei palazzi”. 

Per la Casa della Carità  è la giornata per ristabilire la “verità  dei fatti”. “Si è voluto scrivere la parola fine in tutta fretta dopo che per cinque mesi e mezzo le forze politiche e il Comune hanno bloccato i progetti già  concordati”, afferma don Colmegna. Il riferimento è in particolare alla questione dei 25 appartamenti Aler destinati alla Casa della Carità  e al Ceas: negli accordi dovevano servire per ospitare  per un anno i rom, ma poi Comune e Prefettura si erano rimangiati la parola data. “Abbiamo dovuto chiedere l’intervento della magistratura -ricorda il sacerdote- e per due volte il Tribunale di Milano ci ha dato ragione”.

Venerdì scorso nel campo c’erano ancora 39 famiglie. “Alcune attendevano l’allacciamento di gas e acqua nella nuova casa -spiega don Massimo Mapelli-. Ma hanno dovuto entrarci perché la Prefettura ha deciso di chiudere il campo. Bastava ancora solo un mese e il trasferimento sarebbe avvenuto senza problemi. Fra l’altro, i bambini avrebbero finito la scuola e iniziato il nuovo anno nell’istituto più vicino alla loro nuova abitazione”. 

Il campo di via Triboniano esiste da circa 20 anni. Solo nel 2007 è diventato regolare, con la sottoscrizione da parte dei suoi 537 abitanti di un patto di “solidarietà  e legalità ” con il Comune. Un patto che prevedeva l’impegno per le famiglie di mandare i figli a scuola e di impegnarsi in un percorso di inserimento lavorativo e per il Comune di garantire progetti sociali. Nel maggio dell’anno scorso ci vivevano ancora 502 persone (45 bosniaci e gli altri romeni). In un anno la maggioranza ha trovato una sistemazione alternativa. Nove famiglie hanno preso in affitto una casa da privati, 1 ha acceso un mutuo per acquistarla, 8 sono entrati in alloggi Aler con “regolare graduatoria”, 19 negli appartamenti Aler dati alla Casa della Carità , 2 in appartamenti di associazioni e 48 sono rientrate in Romania “con un progetto che prevede il loro reinserimento sociale e lavorativo, garantito anche dai legami che abbiamo costruito in questi anni con le autorità  romene”, sottolinea don Colmegna. Altre 15 famiglie hanno ancora una sistemazione provvisoria (alloggi della Casa della carità  o di altri enti), di cui 7 sono ospiti con le loro roulottes nella sede della Protezione civile di via Barzaghi. (dp)

 

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