Diritti umani mai così tutelati e violati. Il mondo è meraviglioso. Sulla carta
E ancora la Convenzione contro ogni forma di discriminazione nei confronti della donna che è del 1979 e all’articolo 4 recita: “L’adozione, da parte degli Stati, di misure temporanee speciali tendenti ad accelerare il processo d’eguaglianza tra gli uomini e le donne, non è considerato un atto discriminatorio”. E noi ancora a dibattere sulle quote rosa. E che dire della Convenzione per la prevenzione della tortura o dei trattamenti inumani e degradanti? L’Italia l’ha ratificata nel 1988. E allora i Cie (Centri di identificazione ed espulsione)? Non sono mai piaciuti al Comitato europeo per la prevenzione della Tortura, che effettua visite periodiche, e neppure alla Corte di Giustizia europea che due settimane fa ha bocciato la reclusione nei Cie degli immigrati irregolari. Ma poi, che cambia?
I DIRITTI UMANI non sono mai stati così sanciti, proclamati, definiti. Sulla carta il mondo è meraviglioso: siamo tutti uguali. Tutti hanno diritto “a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della propria famiglia” (articolo 25 della Dichiarazione Universale approvata dall’Onu nel 1948). Un bel sogno. A cosa servono, quindi, dichiarazioni, protocolli e intese? “Cosa sarebbe il mondo se non ci fossero questi impegni? – chiede, in risposta, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che oggi presenta il suo rapporto annuale – Con la Dichiarazione universale dell’Onu, tutti i paesi hanno sancito qual è la visione comune a cui tendere. Hanno detto di volere un mondo in cui tutti hanno diritto alla sicurezza, alla salute, al lavoro. Per attuare quei principi, sono stati messi a punto poi altri strumenti, come le convenzioni. Se non ci fossero principi e strumenti, le cose sarebbero molto peggiori”. Ma le difficoltà , evidentemente, ci sono. I Comitati delle Nazioni Unite sono sei: sulla discriminazione razzia-le, per i diritti umani, sui diritti economici sociali e culturali, contro la tortura, contro le discriminazioni femminili, per i diritti dei fanciulli. Cosa fanno? Rapporti periodici e raccomandazioni a chi non osserva ciò che ha sottoscritto. Il Consiglio d’Europa, pure, ammonisce e chiede armonizzazionilegislativeaglistatiche hanno ratificato patti. Il punto, però, è che uno Stato può anche ratificare una convenzione ma se non adegua la propria legislazione o, addirittura, produce leggi che vanno in direzione contraria ai principi che dice di appoggiare, la realtà resta quel che è. “Il diritto internazionale – dice Noury – è molto lento e complesso. E a volte, anche per chi lavora in associazioni come la nostra, i tempi lunghi sono motivo di frustrazione. E non solo per l’aspetto sanzionatorio. Un esempio? La Convenzione Onu contro le sparizioni forzate, che è del 2010. Gli episodi ispiratori sono il Cile di Pinochet, l’Argentina di Videla: si arriva in ritardo sulla storia anche nell’affermare dei principi. Ma è preferibile stabilire anche in ritardo che certi comportamenti sono da condannare che non farlo affatto”.
TORNANDO alla Convenzione contro la tortura approvata dall’Onu nel 1984 e ratificata dall’Italia 4 anni dopo, c’è un dato significativo: il nostro paese non ha neppure mai introdotto il reato di tortura nel codice penale. Quindi, alla fine, gli stati sono gli ultimi responsabili delle proprie buone intenzioni. Ma intanto proliferano organismi burocratici atti a ‘monitorare’ ‘ammonire’ e ‘controllare’. Non è assurdo? “à‰ ingeneroso accusare gli organismi internazionali .Intanto,anchelacondannamorale ha una sua importanza. Per non parlare dell’esistenza della Corte Penale Internazionale, un tribunale permanente che può indire un procedimento per crimini contro l’umanità : una conquista enorme”.
Tra gli Stati che alla Conferenza di Roma, nel 1998, non hanno firmato lo Statuto della Corte dell’Aja figurano Cina, India, Israele e Usa. Ma gli Stati Uniti non hanno neppure ratificato (assieme alla sola Somalia) la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989. La più grande democrazia del mondo non ha messo la firma sui 40 articoli che proteggono i minori. Forse a causa dell’ultimo: “Gli Stati riconoscono a ogni fanciullo sospettato, accusato o riconosciuto colpevole di reato penale il diritto ad un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale”. Mentre nel braccio della morte sono finite persone che hanno compiuto delitti da minorenni. “I limiti di convenzioni e protocolli sono molti. I colpevoli però sono i paesi che non ratificano e quelli che non rendono efficaci le ratifiche. Su di loro si può intervenire anche con sanzioni amministrative, congelamenti dei patrimoni – aggiunge Noury – Quindi ci si può pure scandalizzare per la lentezza con cui si affermano i diritti umani. Ma la pena di morte nel 1961 era stata abolita in 16 paesi. Oggi in 139. E quando si ha la riprovazione di mezzo mondo, le pressioni si fanno più forti. E la realtà può cambiare”.
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