Dall’amico dei “femminielli” al “candidato dell’Anticristo” così si fabbrica un nemico

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Stalingrado, Zingaropoli, la Città  dei femminielli, dei drogati, degli islamici e dei terroristi. E questo in fondo già  basterebbe a evocare il futuro di Milano e di Napoli, ove mai dovessero vincere i nemici del Popolo della Libertà .

Ma siccome la guerra politica, oltre a nutrirsi di immagini, inesorabilmente scivola verso il cannibalismo, varrà  la pena di segnalare, magari non a futura memoria, ma per depositarla nel già  ampio bidone dello scemenzario elettorale e differenziato, che ieri il settimanale Tempi ha messo sull’avviso i suoi lettori sull’acclarata circostanza che Giuliano Pisapia sia, “metaforicamente parlando”, l’Anticristo, come dire l’arcinemico, ossia il nemico non solo del Pdl e della Lega Nord, ma di Dio. E questo proprio perché, come scrive il giornale vicino a Cl (che dopo il primo turno deve evidentemente dimostrare qualche rinforzo di zelo), il personaggio dell’aspirante sindaco si presenta con “eloquio suadente e modi gentili”, e non invece come lo descriveva nel medioevo Santa Ildegarda di Bingen e quindi un diavolaccio spaventoso, occhi di fuoco, orecchie d’asino, naso e bocca come un leone, denti di ferro e inconfondibile fetore.
Sull’aspetto delle donne della sinistra, d’altra parte, che sono così brutte da rovinarsi la giornata guardandosi allo specchio; così come sugli uomini di quella parte che “si lavano poco” e quindi puzzano, il Cavaliere ha già  dato la settimana che precedeva il voto; dopo di che si amabilmente è concentrato sui magistrati con i risultati che si sono visti.
E meno male che dopo la sconfitta si dovevano abbassare i toni! Ieri l’infuocato Gasparri ha stabilito un automatismo tra la vittoria di Pisapia e il ritorno degli ex terroristi. Mentre il pacioso Pionati, in fregola di guerriero crociato, si è mosso sulla guerra di religione convintosi che in quel caso Milano diventerà  “avamposto dell’Islam”. Ma siccome il mondo è vario, e certo più del necessario almeno in questa campagna elettorale, il vicesindaco della Moratti, De Corato, ha individuato il pericolo nei due milioni di rom della Romania, che per via delle politiche abitative del centrosinistra “busseranno alle porte per avere anche loro una casa” – là  dove il punto debole della dichiarazione sta nel fatto che un’orda di tale portata, un’autentica e spaventosa invasione barbarica non busserebbe certo alla porta, tòc-tòc, è permesso?
Ma la palma del tragicomico, record stagionale, se l’è conquistata l’ineffabile sottosegretario Giovanardi. Il quale, probabilmente ringalluzzito dal successo ottenuto la scorsa settimana dalle sue confessioni autoerotiche alla radio, si consegnato ieri a Klaus Davi e lì più o meno ha detto che se la gente vota in un certo modo sarà  una pacchia per i drogati e anche per i “femminielli”, come ha inteso stimolarlo il suo gentile interlocutore riguardo al contesto napoletano.
Su di un piano più rarefatto e sfuggente, là  dove si alimentano le leggende metropolitane nella loro versione post-elettoralistica, vengono denunciati finti rom che volantinano pro Pisapia e anche pretesi edificatori di moschee ad altissima mobilità  nei quartieri popolari. Con qualche malevola fantasia, di questo passo, converrebbe annunciare la discesa in campo di pedofili, satanisti, trafficanti di organi, scafisti un trasferta, piromani seriali, aizzatori di pitbull, seguaci di Unabomber, venditori di mucche pazze, installatori di ascensori killer e altri nemici sociali.
Ma a parte gli scherzi – che pure in Italia sono diventati una cosa seria e anche drammatica – occorre forse riconoscere che nella post-politica il marketing della ferocia e dell’intolleranza ha preso il posto delle ostilità  ideologiche e dell’odio di classe.
Più in generale, vale la pena di seguire la campagna elettorale di Milano e Napoli tenendo aperto sulla scrivania il piccolo saggio che Umberto Eco ha inserito in apertura del suo recentissimo “Costruire il nemico” (Bompiani), specie là  dove si legge: “«Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità  ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro». Con il che, prosegue Eco, quando il nemico non c’è occorre costruirlo. E’ quello che in sostanza sta accadendo, altro che il Partito dell’Amore di cui si fece breve promotore Berlusconi dopo l’aggressione della statuetta!
Come si debba reagire a questa Fabbrica del Nemico è faccenda già  più complessa. Ma certo un nuovo orizzonte, ironico pacifico immediato virale e interconnesso, già  pare di scorgerlo on line nelle poste e nelle pagine di Facebook: “Pisapia è il padre di Charles Manson”, “Pisapia guida solo se ha bevuto almeno una bottiglia di Jack Daniels”, “Pisapia ha consigliato la decapottabile a John Kennedy”, “Pisapia caga per strada dando la colpa ai cani”, “Pisapia è una scia chimica prodotta dal signoraggio che ha complottato un attentato alle torri gemelle per inscenare la morte di Paul McCartney”, “Pisapia bara al fantacalcio”, “Pisapia accende le candele in chiesa e non la lascia l’offerta”, “Pisapia annusa la maglia sotto le ascelle per capire se la può mettere il giorno dopo”, e infine: “Noi siamo PISAPIA. Sarete assimilati. Ogni resistenza è inutile”.


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