Costa d’Avorio, verso una lenta ripresa
Dopo cinque mesi di stallo istituzionale e di crisi politica, dopo quindici giorni di guerra, tremila morti e un milione di sfollati, in Costa d’Avorio si può (forse) cominciare a guardare avanti. Il Consiglio costituzionale ivoriano ha proclamato ieri “Monsieur Alessane Ouattara président de la République“. La cerimonia di insediamento si è svolta oggi nel palazzo presidenziale di Plateau (ad Abidjan), mentre l’investitura è fissata per il 21 maggio, nella capitale politica Yamoussoukro.
Coincidenza non priva di una certa ironia, nel giorno in cui per Ouattara si aprono le porte del palazzo presidenziale, per il suo rivale, Laurent Gbagbo, si spalancano quelle dei tribunali. L’ex presidente, che a lungo ha rifiutato di cedere il potere, con conseguenze terribili per il Paese, si trova ora agli arresti domiciliari nella città di Korhogo, dove oggi si è tenuta la prima udienza del processo a suo carico. Gbagbo è stato interrogato dal procuratore della Repubblica Simplice Koffi: giuridicamente si tratta solo di un’inchiesta preliminare, ma per la Costa d’Avorio l’evento si carica di un forte valore simbolico, essendo la prima volta in cui l’ex capo di stato deve rispondere dei suoi crimini davanti a un magistrato. Parallelamente, dalla Svizzera arriva la notizia che i conti di Gbagbo sono stati congelati: 81 milioni di dollari.
“Finalmente” verrebbe da dire, ma quel che è certo è che agli ivoriani non resterà molto tempo per i festeggiamenti o i facili entusiasmi, di fronte a un Paese economicamente in ginocchio e dove ancora si contano i morti degli ultimi combattimenti. La situazione umanitaria in Costa d’Avorio “resta allarmante per decine di migliaia di civili, malgrado un miglioramento nelle condizioni di sicurezza del Paese”. Parole di Adrian Edwards, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), che nel corso di una conferenza stampa – tenutasi a Ginevra il 3 maggio – ha esposto i risultati di un’indagine Onu condotta sul territorio.
In base ai dati diffusi dall’Unhcr, le condizioni di vita della popolazione sono estremamente precarie: nelle regioni settentrionali e centrali del Paese, intere comunità sopravvivono con un solo pasto al giorno. Alla penuria alimentare si unisce poi il problema degli sfollati, sia quelli interni al Paese, sia coloro che fuggono all’estero. Buone notizie arrivano da Abdjan (e dintorni), dove il loro numero è calato da 35.000 unità alla fine di marzo a 14.000 nella scorsa settimana, ma sono ancora più di 200.000 gli sfollati interni, e 177.500 quelli rifugiati in altri Paesi (in particolare la vicina Liberia). “La maggior parte di queste persone – afferma Edwards – desidera tornare a casa il prima possibile, ma molte abitazioni sono state distrutte o danneggiate”. Un altro problema è dato dai checkpoint sparsi su tutto il territorio, che incutono paura alla popolazione e rallentano il ritorno ai luoghi di origine.
La stessa paura compromette anche la ripresa economica del Paese: sia nel settore pubblico che in quello privato, il rilancio delle aziende stenta a partire, a causa di un generale senso di insicurezza. La circolazione e detenzione di armi leggere (se non pesanti) è lasciata allo sbaraglio, e questo genera nei cittadini una vera e propria psicosi. In numerose zone di Abdjan, per esempio, si aggirano per le strade individui armati che si dichiarano membri delle “Forze repubblicane della Costa d’Avorio” (Frci, l’esercito di Ouattara). Questi insoliti paladini della giustizia ricevono periodicamente un “contributo” da parte di lavoratori, imprenditori e padri di famiglia, in cambio di una garanzia di protezione dalle violenze e dai saccheggi che si susseguono nei centri abitati. Le tariffe sono differenti da quartiere a quartiere, vanno da 5.000 a 18.000 franchi Cfa la settimana (dagli otto ai ventisette euro circa), e possono variare in base al capriccio dei suddetti “guardiani”. È evidente che in un clima del genere non possono crescere iniziative imprenditoriali, così come vengono scoraggiati gli investimenti dall’estero, in un Paese che pure avrebbe delle buone potenzialità : per fare solo un esempio, la Costa d’Avorio si qualifica come il primo produttore ed esportatore mondiale di cacao.
Liberato una volta per tutte dall’ombra del suo predecessore e rivale, Ouattara si trova a dover raccogliere numerose sfide, prima fra tutte, quella di restituire agli ivoriani una stabilità che manca ormai da troppo tempo.
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