Così la geopolitica ci fa capire il mondo

by Sergio Segio | 31 Maggio 2011 8:02

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La geopolitica è di moda. Questo termine, impiegato a vanvera per significare tutto, rischia di non significare nulla. Eppure per quasi mezzo secolo, tra la fine della seconda guerra mondiale e la fine della guerra fredda, parlare di geopolitica era tabù. Attraverso un cortocircuito interpretativo, una disciplina diffusa almeno dall’inizio dello scorso secolo venne identificata con i totalitarismi, in specie con il nazismo. Il più famoso fra i geopolitici novecenteschi, Karl Haushofer, fu sbrigativamente identificato come ispiratore dell’espansionismo hitleriano. La geopolitica come dottrina del Terzo Reich. Dunque impresentabile dopo il suo catastrofico tramonto. Nel mondo bisecato dalla guerra fredda, il ragionamento geopolitico soccombeva al determinismo ideologico, seccamente binario: Est/Ovest, Male/Bene, comunismo/liberalismo.
Solo a partire dagli anni Ottanta, con la crisi del paradigma bipolare, si comincia a riscoprire l’utilità  della geopolitica per interpretare i conflitti di potere, studiandoli come casi specifici, delimitati nel tempo e nello spazio. La dimensione territoriale, espunta dalla scienza politica, torna ad esprimere le poste in gioco nei conflitti, siano essi militari, politici o financo amministrativi. Non si può più capire la politica senza disegnarla: l’analisi geopolitica ricorre alla cartografia, che ne rende la dinamica e ne esprime la dimensione prescrittiva.
Oggi che dalla demonizzazione si scade nella volgarizzazione, il volume di Mario Losano sopra La geopolitica del Novecento (Bruno Mondadori, pagg. 336, euro 25) offre una guida indispensabile a comprenderne origini e sviluppi. A delimitarne il campo semantico e le virtù euristiche. “Dai Grandi Spazi delle dittature alla decolonizzazione”, reca il sottotitolo, a delimitare l’arco dell’indagine, che peraltro apre illuminanti finestre sull’attualità . Si parte da Friedrich Ratzel (1844-1904), nume della geografia politica tedesca, inventore del Lebensraum, l’idea dello spazio di vita necessario all’uomo e per conseguenza alla nazione, per approdare a colui che Losano considera “fondatore” della geopolitica: Karl Haushofer (1869-1946). Il quale elabora la scienza dei Grandi Spazi, da costituire su base asseritamente volontaria in pan-regioni capaci di coprire l’intero orbe terracqueo.
Generale, diplomatico, studioso affascinato dalle culture orientali – in specie quella giapponese – e dagli esoterismi, Haushofer fu tra i più stretti consiglieri del gerarca nazista Rudolf Hess. Avendo proposto l’intesa russo-germanica come base della riscossa tedesca dopo l’umiliazione di Versailles, finirà  per essere emarginato dal regime dopo l’Operazione Barbarossa (1941). Le sue ambiguità  contribuiranno poi a fabbricare la leggenda dello Haushofer massimo ispiratore dell’imperialismo di Hitler, che egli stesso non riuscì a confutare nella sua ultima opera, Apologia della geopolitica tedesca. Di lì a poco, si suiciderà  con la moglie, di origine ebraica.
Alcune delle più intense pagine di Losano sono dedicate proprio alla famiglia Haushofer, in particolare alla figura del figlio Karl, che da patriota conservatore partecipò alla congiura anti-hitleriana del 20 luglio 1944, per finire ucciso dalle SS nella notte dal 23 al 24 aprile 1945.
Losano perlustra con acribia le radici tedesche della geopolitica novecentesca. Di notevole originalità  è il capitolo dedicato a “geopolitica e diritto”, dove spicca la figura di Carl Schmitt. Qui si indaga anche sul progetto di trattato fra Germania, Italia e Giappone, datato 23 febbraio 1943, che avrebbe dovuto sanzionare la partizione del mondo fra le tre dittature immancabilmente destinate a prevalere nello scontro con gli Alleati. Le teorie dei Grandi Spazi vi sono declinate come “Comunità  internazionali di tipo nuovo e con una propria personalità  giuridica”, a segnalare qualche assonanza fra la geopolitica delle dittature e il federalismo postbellico, su cui già  una certa storiografia – dalla quale Losano prende le distanze – ha polemicamente insistito.
L’affresco si estende fino alle scuole geopolitiche italiane, da Durando a Douhet e alla rivista Geopolitica, con qualche incursione nell’attualità . Ma per il lettore nostrano sarà  soprattutto interessante esplorare i capitoli dedicati alla Spagna e al Portogallo, le cui dinamiche imperiali e post-imperiali, al centro dei rispettivi dibattiti geopolitici, sono qui approfondite.
Il filo rosso di Losano ci porta in prossimità  dello scadere del Novecento. L’augurio è che presto l’autore possa chiudere il cerchio, accompagnandoci fino al primo decennio del nuovo millennio. Anche se in questi anni gli eventi geopolitici hanno preso a correre a un ritmo tale da sconsigliare i tentativi di sistemazione. Mentre hanno generato una varietà  di correnti teoriche d’impronta accademica che, non rinunciando alla pretesa scientifica, mancano di cogliere il tratto insieme analitico e pragmatico del ragionamento geopolitico, contribuendo a banalizzare un termine troppo speso.

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