Ciò che Draghi dovrebbe dire
Alla luce delle «Considerazioni finali» degli anni scorsi, credo che anche quest’anno il problema cui Mario Draghi dedicherà la maggiore attenzione sarà quello della crescita insufficiente della nostra economia, ciò che rende difficile affrontare tutti gli altri problemi che affliggono il Paese. L’analisi delle ragioni per cui l’economia non cresce, e in particolare non cresce la produttività , si nutrirà certamente di nuovi apporti di ricerca, ma non presenterà variazioni rilevanti rispetto al passato. Né sarà diverso l’avvertimento che già Draghi ha lanciato molte volte: le riforme necessarie sono difficili e a rendimento differito. Non annunci miracolistici, ma applicazione costante e tenace, da parte di tutti i governi in carica, di programmi condivisi nelle loro linee portanti. Come italiano che lancia un ultimo messaggio al suo Paese, come capo di una istituzione così autorevole, in una situazione in cui si rafforzano venti di cambiamento che potrebbero condurre in qualsiasi direzione, forse Mario Draghi potrebbe aggiungere una nota più personale e preoccupata. Le «Considerazioni finali» sono un documento calibrato con grande cura. Ma il distacco e l’equilibrio che lo caratterizzano non hanno mai impedito in passato che il messaggio centrale che conteneva— in senso lato politico — venisse colto da chi lo doveva cogliere. Al di là della circostanza che potrebbe indurre il Governatore a un tocco più personale — il suo distacco dalla Banca e dall’Italia — credo esista oggi una ragione seria per lanciare un avvertimento ancor più forte di quelli lanciati in passato. Accennavo prima a venti di cambiamento e alludevo al sistema politico. È probabile che il nostro sistema politico entri nei prossimi anni in una nuova fase di turbolenza. Una transizione costituzionale mai completata, il potere carismatico di Berlusconi in declino— e il passaggio dal carisma all’istituzione, dall’eccezionalità alla normalità , è sempre difficile —, la presenza di progetti molto diversi su come affrontare la transizione, possono creare una situazione economico-sociale instabile. Una situazione nella quale non soltanto l’obiettivo di riforme miranti a favorire la crescita della produttività viene abbandonato; ma è a rischio lo stesso obiettivo di condurre in porto gli impegnativi aggiustamenti di bilancio pubblico cui ci siamo di recente vincolati. Non è compito di un Governatore entrare nel merito delle scelte politiche. Ma è pienamente nei suoi poteri quello di segnalare come l’instabilità della politica possa minacciare la stabilità e la crescita dell’economia.
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