by Sergio Segio | 16 Maggio 2011 17:30
Joaquàn Pérez Becerra è un rifugiato politico colombiano che da anni vive in Svezia dove dirige l’Agenzia di Notizie Nuova Colombia (Anncol[1]), un media alternativo molto seguito che ogni giorno produce notizie sul conflitto sociale e armato del paese sudamericano. Schierato apertamente contro il governo di Alvaro Uribe prima e di Juan Manuel Santos adesso, ha un sito web visitato da migliaia di persone di tutto il mondo. Il 23 aprile, stava transitando per l’aeroporto di Caracas, proveniente dall’Europa, ed è stato arrestato. Poi, estradato in Colombia dopo soli due giorni. Su di lui un mandato di cattura internazionale per l’accusa dello Stato colombiano di appartenere alle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), quando è in realtà uno dei tanti rifugiati politici scappati per restare vivi.
Dal 27 aprile il sito di Anncol è “sospeso”.
Secondo un comunicato diffuso poche ore dopo l’arresto dal Ministero del Potere Popolare degli Interni e della Giustizia del Venezuela, infatti, “il cittadino Joaquàn Pérez Becerra è ricercato dagli apparati della giustizia della Repubblica della Colombia attraverso l’Interpol, con una circolare rossa“, ma nessuno avrebbe mai pensato che il governo Chà¡vez si precipitasse a consegnarlo a Santos. Anche se dalle ultime righe del suddetto documento si potevo dedurre: “Il Governo Bolivariano ratifica in questo modo il suo impegno irriducibile nella lotta contro il terrorismo, la delinquenza ed il crimine organizzato, nella stretto rispetto degli impegni e della cooperazione internazionale, guidato dai principi di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani”. Eppure tante cose stonano. I concetti di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani associati al governo colombiano, stridono addirittura. Ma che Caracas vada stringendo legami molto stretti con Bogotà da quando Uribe non è più al potere è cosa nota.
Questa estradizione però ha immediatamente creato un movimento di protesta internazionale, a cui ha aderito buona parte dei movimenti di base latinoamericani e non solo. Una protesta che inizia con l’arresto e si acutizza contro Chavez che ha consegnato nelle mani degli aguzzini un rifugiato politico. Anche la Svezia ha protestato: portavoce del Ministero per le Relazioni Estere, Teo Zetterman, ha spiegato come sin da subito “la Svezia abbia richiesto spiegazioni al Venezuela sul motivo per cui le autorità svedesi non siano stato informate della detenzione di un loro cittadino, poi estradato in Colombia”. Una domanda che non ha ancora ricevuto risposta.
Le accuse contro Pérez risalgono a quando militava nella Unià³n Patrià³tica, il movimento politico di sinistra che venne sterminato dal terrorismo di Stato in pochi anni. Gli unici superstiti sono coloro che riuscirono a fuggire all’estero. E infatti, come afferma il governo svedese “Pérez non è ancora chiaro di cosa sia ufficialmente accusato“. Inutili le dichiarazioni del ministro degli Interni colombiano, Vargas Lleras, che ha provato a negarne la cittadinanza svedese, riferendosi a presunti scambi di identità contraffatte. Il ministro svedese si è precipitato a ribadire che Pérez Becerra ha ricevuto la nazionalità svedese nel 2000, e quindi le autorità del suo paese dovevano essere informate del suo arresto e della sua estradizione.
Ma perché Chà¡vez ha deciso per il sì? Inannzitutto perché da tempo sta cercando di pulirsi dalle accuse di essere un “facilitatore del terrorismo delle Farc” che gli sono piombate per anni addosso dal Bogotà e da Washington. Infatti, da quando Santos è al potere, Caracas ha migliorato molto le relazioni con il vicino di casa, con il risultato della riapertura delle frontiere, della smilitarizzazione di Zulia, Tà¡chira e Apure, della collaborazione economica e della serenità politica. In cambio è chiaro che adesso sia meno libero di decidere secondo coscienza sul comportamento da tenere riguardo a questioni internazionali, come il caso di Pérez Becerra.
Per nessuno è un segreto che Joaquàn Pérez ha continuato in Europa il lavoro contro il terrorismo di Stato. Anzi fu uno dei colombiani in esilio che fondò la Asociacià³n Jaime Pardo Leal (AJPL), organizzazione svedese solidale alla lotta del popolo colombiano. In ogni atto, manifestazione, protesta, conferenza o incontro in Svezia e in ogni altro paese europea, Pérez c’era. E non è neppure un segreto che Pérez ha costruito ponti fra lo stato svedese e norvegese e la guerriglia delle Farc per facilitare un processo di pace a partecipazione internazionale. Un attivista da sempre nel mirino di Bogotà , che attraverso i servizi segreti mai lo ha perso di vista e che ora brinda per averlo catturato. Con l’aiuto di Chà¡vez. Che ribatte: “Secondo me a Pérez Becerra gli hanno teso una trappola per tirare una pugnalata pure a me. Pensate a questo, invece di accusare Chà¡vez. Io rispetto le vostre critiche, però colui che non sa è come colui che non vede. Non sto dicendo che sia un terrorista, ho solo rispettato degli accordi internazionali“.
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