Bossi attacca Pisapia: “Un matto vuol fare di Milano una Zingaropoli”
ROMA – Umberto Bossi prende il posto del desaparecido Berlusconi, dell’ammutolita Santanchè e dei falchi del Pdl ridotti a più miti consigli dopo la sconfitta milanese del primo turno. Inaugura la sua campagna elettorale per il ballottaggio dando del «matto» a Giuliano Pisapia. «Quello vuole riempire la città di immigrati e di moschee. Ma c’è la Lega, noi ci impegneremo a non consegnare Milano nelle mani degli estremisti di sinistra. Mai gente così al Comune», intima il Senatur. Il candidato del centrosinistra, che ha chiuso in netto vantaggio il voto di domenica e lunedì, trasformerà «una città che rinasce in zingaropoli», dice il leader del Carroccio. Ed è solo la sua prima uscita pubblica dopo la débacle.
È appena terminato l’incontro con Silvio Berlusconi. Bossi si ferma a parlare davanti a telecamere e taccuini. È un fiume in piena. E interpreta la linea dell’attacco diretto all’avversario. Ma non era stato il Carroccio a denunciare «la campagna sbagliata del Pdl» a Milano? Non è la Lega ad aver imposto una moderazione dei toni allo stato maggiore lombardo e il silenzio assoluto a Daniela Santanchè? Bossi, a metà pomeriggio, si ricorda degli errori commessi e fa una mezza marcia indietro. «Non ho detto che Pisapia è matto. Ma il suo progetto è incompatibile con una Milano decente». Spiega il Senatur, insistendo sulla falsa riga delle dichiarazioni iniziali: «Vuole costruire una zingaropoli e la più grande moschea d’Italia. Sono cose che a Milano non vanno bene». I dirigenti del Pdl, scottati dai precedenti, corrono in soccorso del leghista parlando di «battute», di frasi estrapolate dal contesto. Ma la cifra del rush finale verso il ballottaggio è chiara ormai. Non lo sbandieramento dell’estremismo di Pisapia, non le false condanne ma un eccesso di tolleranza (presunto) che sarebbe indigeribile per i moderati milanesi. A cominciare da quelli che hanno votato Terzo polo per finire, soprattutto, ai tanti che sono rimasti a casa (il 30 per cento astensionista).
La reazione delle opposizioni rispetta il protocollo dettato da Pier Luigi Bersani. Soprattutto adesso, bisogna far parlare e rispondere i candidati, senza il cappello dei partiti. Infatti i democratici lasciano la voce quasi esclusivamente agli esponenti locali. Solo Enrico Letta, vicesegretario del partito, fa una semplice constatazione: «La linea di Bossi non è diversa da quella Santanchè-Lassini». Il responsabile sicurezza del Pd Emanuela Fiano attribuisce i toni leghisti «alla paura di perdere. Ma i milanesi girano l’Italia, conosco gli amministratori di Firenze, Torino o Salerno e sanno che non i sarà nessuna zingaropoli». Il segretario regionale lombardo Maurizio Martina accusa il leader del Carroccio di «insultare 315 mila milanesi, quelli che hanno votato Pisapia al primo turno. Sono matti anche loro? Basta con gli insulti, ci vuole più rispetto». Il senatore Nicola Latorre è stupito per la reiterazione dell’errore: «Con gli stessi toni usati oggi da Bossi il Pdl ha perso al primo turno a Milano e perderà anche al ballottaggio. Pisapia è una persona perbene e responsabile». L’Italia dei valori invece reagisce con il suo leader. «Bossi si è berlusconizzato – osserva Antonio Di Pietro -. Cominciato a insultare gli avversari dominato dall’odore di sconfitta. Lega e Pdl sono privi di argomenti e per questo ricorrono all’insulto continuo».
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