Arci servizio civile: riduzione del 50% di giovani e posti-progetto
ROMA – Rendere conto delle attività di servizio civile svolte nel corso del 2010 presso la rete Arci servizio civile, delle risorse impiegate e dei risultati in termini di competenze e capitale sociale acquisiti dai volontari in servizio. Questo l’obiettivo generale dei tre capitoli del VII Rapporto sul servizio civile realizzato da Arci e Istituto per la ricerca sociale (Irs).
L’elemento di fondo che emerge è la necessaria stabilizzazione su un Servizio civile nazionale (Scn) ridotto quasi del 50% rispetto a quello realizzato appena due anni prima, quando erano circa 3.500 i giovani impegnati nei progetti a titolarità Asc. Una stabilizzazione segnata da risorse economiche inferiori e dal mantenimento degli standard degli anni precedenti di investimento su progettazione, formazione, coordinamento, promozione, monitoraggio e rendicontazione.
Un rapporto che nasce dunque in un contesto assai critico per il Scn. “Sul versante dell’investimento statale è stato il periodo in cui le risorse sono cadute da 170 milioni di euro (2009 e 2010) a 110 milioni di euro (2011)”. Denuncia ancora il rapporto: “Sul versante del ruolo e della iniziativa dell’Unsc, il rilevante lavoro di revisione della normativa in materia di accreditamento e di progettazione fatta fra il 2008 e il 2009 rischia di essere sminuito dalla stasi della riforma legislativa, lasciando sul terreno solo il segno di una stretta burocratica senza innovazione. Se poi si somma a questo la drastica caduta del numero dei giovani avviati al servizio trova facile spiegazione la ‘ritirata’ dal Scn di molte organizzazioni, anche di livello nazionale. Basti pensare ad esempio che i posti progetto richiesti dall’insieme degli enti accreditati è sceso dagli oltre 100 mila del 2008 ai circa 50 mila del 2011. La dipartita di tante organizzazioni è stato un bene per il Scn, quella di altre invece ha segnato una perdita secca di cultura, saperi tecnici e rappresentanza territoriale”.
Critiche anche all’iter parlamentare per la riforma della legislazione nazionale (“Non è accaduto niente e dopo il deposito a febbraio 2010 del testo del Governo ad oggi non è stato neanche nominato il relatore in Commissione Affari Costituzionali del Senato e anzi è ancora aperta la richiesta di un avvio dell’esame alla Camera dei Deputati”).
Sul piano dell’azione governativa, “il 2010 è stato ’anno del lancio della mini naja da parte del Ministro della Difesa che segna un attivismo simbolico e anche economico (20 milioni di euro stanziati per i primi tre anni) di rilancio della visione tradizionale del ruolo egemone delle forze armate”. Una novità che per l’Arci “non sarà senza conseguenze sul più ‘tradizionale’ scontro istituzionale in atto dal 2002 fra Governo e Regioni e PA sulle finalità del Scn, sulle attribuzioni delle competenze e delle risorse, scontro che continua anche adesso”.
Eppure, evidenzia il rapporto, “segnali di attenzione e mobilitazione dalla società civile ci sono stati nel 2010. Dal Forum Permanente del Terzo Settore, ai rappresentanti dei giovani in Scn, dai partiti politici ai pronunciamenti di organi religiosi è stato evidente il disagio delle organizzazioni sociali di fronte a questo sperpero di credibilità e di realizzazioni”. Fra l’altro, a differenza del passato, una mobilitazione che ha espresso anche posizioni nel merito fra di loro diverse. Basti pensare alle proposte della Cnesc e a quelle del Comitato per la Rinascita del Servizio Civile oppure, sul delicatissimo tema dei cittadini con disabilità fra Uic e Fish, Cnesc, Forum del Servizio Civile”.
Per questo Asc con Arci, Arciragazzi, Auser, Legambiente, Uisp, ha lanciato in questi mesi la campagna “Siamo qui per il futuro del Scn”, sia per sensibilizzare le comunità locali, a cominciare dalle famiglie, ad avere e proporre un positivo approccio al Scn sia per richiamare le istituzioni, da quelle locali a quelle nazionali alle loro responsabilità di prendere le decisioni necessarie per costruire un futuro positivo del nostro Paese”. (ep)
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