Anticamorra, i gesuiti a Scampia. Come coltivare felicità e talenti
E certo non aiuta l’obnubilante televisione che a Scampia, più che altrove, è il partner privilegiato, la vera fonte di educazione dell’infanzia e di formazione degli adulti: più apparecchi nella stessa stanza, sempre accessi, guardati da bambini di ogni età . Eppure le persone con familiari in carcere per furti e traffico di droga che affollano la chiesa dei gesuiti e il Centro Hurtado mostrano una realtà che vorrebbe cambiare. A costoro sono prospettati i vantaggi del passaggio da una vita giocata sulla soddisfazione dei bisogni elementari a una vita che coltivi anche i desideri più autentici e i propri talenti. Una sollecitazione che agisce nel profondo e può divenire forza dirompente aiutando a ricostruire i propri bisogni secondo un ordine di priorità non imposto da altri, a ritrovare la dignità del lavoro. Così i gruppi di lettura hanno rotto l’accerchiamento televisivo, inducendo i bambini a commentare i personaggi delle novelle e gli adulti a drammatizzare le vicende ascoltate. Un risultato della «liberazione» in corso è la nascita della cooperativa di lavoro di giovani donne La Roccia: una sartoria che produce borse e sciarpe, vendute direttamente, attraverso il passaparola di una rete di sostenitori allargata a tutto il territorio nazionale. Una testimonianza che si può lavorare onestamente senza cedere alla camorra. Il progetto dei gesuiti non è solo parte attiva della lotta alle mafie. È il tentativo di praticare quella «felicità pubblica» che gli intellettuali napoletani pensarono nella prima metà del Settecento, ponendola alla base dell’economia civile presto dimenticata ma che si sta rianimando in forme nuove, con l’incoraggiamento dell’enciclica Caritas in veritate e con l’azione sempre più convinta di artigiani e imprenditori che credono nei rapporti amichevoli.
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