Alle urne il 60% dei sardi plebiscito contro l’atomo
In un paese lacerato dalle elezioni, l’unica nota unificante è stata il nucleare. Il plebiscito sardo di sì anti atomo ha fatto registrare un coro di applausi che sull’isola è stato bipartisan: prima per l’alta affluenza alle urne (6 elettori su 10 hanno risposto al quesito referendario), poi per i risultati (i sì superano di gran lunga il 90 per cento).
I primi a congratularsi per questo anticipo di referendum sono stati gli ambientalisti e i partiti che hanno sostenuto la prova referendaria. “Il risultato clamoroso conferma la forte consapevolezza dei cittadini, ha dichiarato il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. “Nonostante il silenzio di molti media, l’enorme affluenza al voto in Sardegna conferma la volontà dei cittadini di partecipare concretamente alle scelte per il proprio futuro non solo energetico”.
“Ora l’incubo nucleare va abbandonato, insieme ai trucchetti per riproporlo tra due anni: gli italiani hanno il diritto di votare al referendum del 12 e 13 giugno per spazzare via ogni velleità di riaprire le centrali”, ha aggiunto Stefano Leoni, presidente del Wwf. I Verdi hanno parlato di “vittoria nonostante il bavaglio”, mentre per la responsabile ambiente del Pd, Stella Bianchi, “il messaggio è arrivato chiaro e forte”. E per il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando “il raggiungimento del quorum dimostra che la scelta nuclearista del governo è scellerata ed errata”.
Ma anche il centro destra sardo, su posizioni diametralmente opposte a quelle di Palazzo Chigi, festeggia e chiede al governo una svolta sul piano energetico. “Sono fiero della coesione della Sardegna capace di dare una prova di unità di fronte a una scelta da cui dipende il nostro futuro”, ha commentato il presidente della Regione Ugo Cappellacci. “La percentuale di sì va oltre ogni aspettativa e rappresenta un record rispetto alle più recenti consultazioni referendario. Ora si deve giocare la partita del modello alternativo per far arrivare le rinnovabili al 40%, mentre un 30% dovrà venire dal metano, un 10% dal carbone pulito e solo un 20% da fonti tradizionali”.
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