Al Qaeda, i Navy Seals di nuovo a caccia Il Pakistan: “Non tentate altri blitz da noi”

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ISLAMABAD – Erano stati in silenzio per quattro giorni, colpiti nell’orgoglio di militari, sbeffeggiati dal mondo intero. «Perché non parlano? Perché non rispondono alle accuse?». Nelle vie di Islamabad, davanti al compound di Abbottabad, nei crocicchi per strada e soprattutto nei sermoni improvvisati dagli imam, queste domande erano rimaste senza risposta. Poi ieri, di prima mattina, l’annuncio in diretta tv: «Lo Stato Maggiore é in riunione straordinaria». Le immagini mostrano i generali schierati attorno al lungo tavolo rettangolare, lo sguardo attento alle parole di Ashfaq Kayani, il boss, l’uomo che risponderà  agli americani. Non avevano parlato neanche quando il capo della Cia li aveva definiti «o incapaci, o complici» di Al Qaeda, adesso hanno rotto il silenzio e da accusati i generali dell’esercito e dei servizi segreti sono diventati gli accusatori: degli Stati Uniti.
La risposta è di quelle che lasciano il segno: «Se ci sarà  un’altra azione come questa, se verrà  violata un’altra volta la sovranità  nazionale, sarà  rivista la collaborazione militare e di intelligence con gli Stati Uniti». E come prima richiesta concreta ha intimato agli Usa di ridurre al “minimo essenziale” la presenza di militari e agenti Cia in Pakistan. Non è mancata l’autocritica per «non aver individuato la presenza di Bin Laden» e soprattutto per un blitz di forze speciali straniere nel cuore del territorio pachistano. «Gli americani hanno la tecnologia per rendere ciechi i nostri radar», si è giustificata la Difesa. Una fonte dell’Intelligence ha dato (alla Bbc) qualche dettaglio in più: «Ci siamo accorti che gli elicotteri arrivavano solo quando hanno superato la linea Durand (il confine con l’Afghanistan, ndr). Quattro elicotteri a volo radente. Quando li abbiamo contattati ci hanno detto che erano in missione contro un obiettivo di alto livello. Non potevamo sapere chi fosse».
Per i “due fallimenti” qualcuno dovrà  pagare ma al momento generali e servizi segreti sono uniti al governo per tamponare quella che i media pachistani hanno definito «umiliazione planetaria». Prima del comunicato dello Stato Maggiore era stato il sottosegretario agli Esteri Salman Bashir a respingere le critiche. «I servizi segreti non hanno alcun legame con Al Qaeda, sono accuse infondate». Anche da lui un monito: «mai più permetteremo che i nostri confini vengano violati, altri blitz avranno effetti catastrofici». 
La diplomazia americana è al lavoro per limitare i danni, ma la tensione rischia di salire ancora nelle prossime settimane. Dopo il successo dell’operazione “Geronimo” Pentagono e Cia stanno mettendo a punto altre “missioni impossibili” contro Al Qaeda e il “tesoro” trovato nel compound di Abbottabad potrebbe offrire materiale insperato per dare un colpo mortale alla rete del terrore. Nel bottino dei Navy Seals (5 computer, una dozzina di hard drive, dvd e chiavette Usb) ci potrebbero essere documenti su attentati in preparazione e soprattutto informazioni utili a stanare gli altri capi di Al Qaeda.
La caccia al “numero 2”, l’egiziano Ayman al-Zawahiri è già  in corso. Secondo fonti britanniche una squadra di élite delle forze speciali americane é stata dispiegata in Asia e Medio Oriente con l’ordine di individuare ed eliminare i vertici della rete terroristica. Ne fanno parte oltre agli ormai famosi “Navy Seals” anche uomini della ‘Delta Force’ e agenti della Cia. Altri obiettivi possibili sono i leader emergenti di Al Qaeda, Abu Yahya al-Libi e Anwar al-Awlaki, arabo-americano nato in New Mexico che si trova nello Yemen. Era lui l’obiettivo (fallito) dei missili lanciati ieri da un drone Usa.
Per colpire al cuore Al Qaeda sono necessari altri blitz come quello di Abbottabad e visto che diversi capi terroristi si nascondono tra Afghanistan e Pakistan la possibilità  di un nuovo intervento Usa in territorio pachistano non è da escludere. Per evitare una rottura totale la Casa Bianca dovrebbe coinvolgere direttamente i militari di Islamabad e l’Isi nelle operazioni. Considerato che alla Cia sono convinti che ai vertici dei servizi segreti pachistani ci siano “doppiogiochisti” l’impresa appare estremamente difficile. 
Anche i pachistani del resto non si fidano più degli Usa. Le ricorrenti dichiarazioni di militari e politici sul prezzo di sangue pagato da questo paese nella lotta al terrorismo (30mila morti dal settembre 2001) da sole non sembrano sufficienti: per vendicare l’onore perduto ad Abbottabad i pachistani hanno bisogno di un’azione eclatante. Ed ecco che iniziano a circolare le notizie su una prossima offensiva per stanare il Mullah Omar, il leader Taliban che potrebbe trovarsi in Pakistan. Ma il vero grande colpo anche per Islamabad sarebbe la cattura di al-Zawahiri. 
Intanto ad Islamabad è allarme rosso per la possibile “vendetta” di Al Qaeda. Negli ambienti dell’Intelligence internazionale il Pakistan viene considerato il Paese più a rischio. Oggi ci sarà  la prima prova. Per la giornata di preghiera del venerdì i partiti islamici hanno chiamato il popolo a scendere in piazza. Contro gli americani e per onorare Bin Laden.


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