Al premier un’altra fiducia Ma lui non si fida della Lega

Loading

Il governo ha ancora la fiducia della camera così ieri pomeriggio sul decreto «omnibus» – quello che contiene la norma contro il referendum e che sarà  approvato definitivamente oggi – Pdl, Lega e Responsabili hanno messo assieme 313 voti. Ventidue più dell’opposizione e solo uno in meno dell’ultimo voto di fiducia, datato 2 marzo scorso. Berlusconi, a Montecitorio per votare e poi chiuso in una serie di incontri nell’ufficio del presidente del Consiglio al lato dell’emiciclo, quando torna a palazzo Grazioli si dichiara soddisfatto. «È la conferma che c’è una maggioranza con la quale si può lavorare per le riforme», dice. Ma è costretto a inseguire Umberto Bossi tutta la giornata, alla fine avranno un ennesimo vertice, deve ancora arrabbiarsi per la storia del trasferimento dei ministeri e per l’uscita del leader lombardo sul referendum, e alla fine può solo prendere atto che la Lega ha già  cominciato a muoversi oltre la maggioranza. Ragionando di nuova legge elettorale con Casini e D’Alema.

È un classico che ritorna, D’Alema recupera addirittura il governo di transizione, quello «per cambiare le regole» cominciando dalla legge elettorale che all’ex presidente del Consiglio piace sempre in versione «tedesca». Modello gradito anche al centro da Casini e il Terzo polo (meno da Fini) ma con molti avversari nel Pd dove si è trovata un difficile compromesso sul ritorno al sistema precedente a quello in vigore, cioè al Mattarellum. Un sistema che garantisce comunque una quota proporzionale e che consentirebbe alla Lega di correre lontano dal Pdl. Le trattative sono aperte, non per nulla il senatore Quagliariello del Pdl ha più volte annunciato e più volte ritirato la sua nuova proposta di legge elettorale, cercando l’ok del carroccio. Ma la Lega sembra guardare ormai altrove e Berlusconi non nascondere la sua preoccupazione: «Non so nulla di contatti tra Lega e opposizione», dice.
Ma nell’attesa che una sconfitta a Milano – e anche a Napoli – certifichi la crisi della maggioranza, da Bossi arrivano quotidiane prese di distanza. Così se Berlusconi si lamenta con i suoi ospiti dentro l’ufficio di Montecitorio per la polemica sul trasferimento dei ministeri «quando non abbiamo deciso niente», Bossi fuori spiega ai cronisti che «Berlusconi si convincerà ». Più tardi, a palazzo Grazioli, con Cicchitto, Gasparri, Verdini e Lupi al fianco incontra Bossi e Calderoli. Il cavaliere deve difendersi da chi lo ritiene responsabile della sconfitta alle amministrative. Non c’è solo la campagna elettorale fallimentare di Milano, anche il candidato di Napoli adesso non piace ai suoi alleati. Berlusconi cerca di mostrarsi ottimista, ma intanto ha convocato Cosentino per studiare qualche mossa disperata per aiutare Lettieri.
Bossi e Calderoli vanno via promettendo che non stringeranno accordi che escludono Berlusconi, ma intanto confermano di avere nel mirino la riforma elettorale. Il cavaliere cerca conforto nella solita telefonata ai suoi sostenitori riuniti. Questa volta non va lontano, telefona a Sora per giurare ai ciociari in ascolto che il governo «andrà  avanti altri due anni per fare le riforme che Fini e Casini non ci lasciavano fare», innanzitutto «giustizia e intercettazioni». La prova, spiega il premier, è proprio nel voto di fiducia: la maggioranza è solida e se non fosse stato per gli assenti sarebbe già  a quota 323. Invece è rimasta dieci voti più sotto perché sono mancati acquisti recentissimi, come l’ex finiano Moffa o la neo sottosegretaria Melchiorre. Sedie vuote – quattro – anche nel Pdl e nel gruppo misto tra i sostenitori della maggioranza. Ma undici assenti anche tra le opposizioni. I voti per il governo alla fine sono sempre gli stessi dal 14 dicembre scorso, a prescindere dalle infornate di sottosegretari. E Berlusconi oggi riunisce l’ufficio di presidenza del suo partito. Per lui non c’è solo il fronte Lega ma anche quello interno: la lista degli scontenti è lunga e capicorrente come Scajola e Miccichè di certo non resteranno tranquilli se lunedì i ballottaggi dovessero andare male al Pdl.


Related Articles

Lega, Bossi striglia i colonnelli “Troppa gente parla a vanvera”

Loading

Maroni: mai chiesto elezioni. Scontro Calderoli-Tosi. L’anziano leader: “Alle elezioni si può andare da soli, però sapendo già  che vince la sinistra” 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment