by Editore | 29 Maggio 2011 7:08
ATENE – «La Grecia fuori dall’euro? Un’ipotesi che non sta in piedi», assicura il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet. Il fantasma di un ritorno alla dracma – agitato con disinvoltura persino da qualche membro della maggioranza socialista – ha rilanciato però uno degli sport nazionali ellenici: la fuga di capitali. Il 2010, al riguardo, era stato un anno olimpico, chiuso con un risultato da sogno (o da incubo, dipende): da gennaio a dicembre – complice lo scoppio della crisi – armatori, banchieri privati ma anche semplici cittadini avevano fatto sparire dai loro conti correnti, spostandoli spesso all’estero, qualcosa come 30 miliardi di euro. «Una parte importante (circa il 12 per cento) dei depositi totali», ha ammesso il governatore della Banca centrale ellenica George Provopoulos nella sua ultima relazione.
A inizio 2011 l’emorragia sembrava tamponata. Il nuovo corto circuito finanziario delle scorse settimane e lo spettro della vecchia valuta ellenica hanno però riaperto le cataratte. «Gli sportelli degli istituti segnalano un anomalo boom dei prelievi da 500 euro», dice una fonte del ministero delle Finanze.
I blog ellenici parlano di un’impennata di sequestri valutari all’aeroporto internazionale di Atene. La grande fuga è ripartita. «Tra gennaio e aprile altri 8 miliardi sono emigrati oltre frontiera», è il calcolo di Dimitris Kouselas, segretario al ministero delle Finanze, che stima in 280 miliardi di euro – il 120% del prodotto interno lordo – il valore dei capitali greci custoditi sotto l’ombrello del segreto bancario elvetico.
«Io sono tranquilla – minimizza per non destare sospetti Ioanna Kaminis, in coda davanti al bancomat della Piraeus Bank di Panapistemiou – La gente però ha paura di ritrovarsi dalla sera alla mattina il conto in banca congelato e i risparmi sforbiciati in nome del bene del Paese. In Islanda è successo così». Chi può, allora, ritira e cerca di nascondere il gruzzoletto lontano dall’occhio del governo. «Imprenditori e grandi imprese sfruttano meccanismi già ben oliati in passato», raccontano i tecnici del ministero delle Finanze. Spostando i soldi a Cipro o nelle filiali elleniche di banche estere. Gli altri si arrangiano come possono. «Quasi tutti i miei amici hanno nascosto i loro risparmi a casa. Pensano sia più sicuro», dice Kaminis.
L’allarme, per banche già a corto di liquidità , è rosso. E il governo ha provato a mettere qualche paletto. Papandreou ha varato lo scorso anno uno scudo fiscale ad hoc (tassazione light al 5% per i capitali di rientro) ma come prevedibile – vista la situazione nazionale – è stato un mezzo flop: in patria sono tornati la miseria di 500 milioni. Fallite le buone maniere, il premier ha deciso di passare alle cattive. «Stiamo negoziando un accordo bilaterale con la Svizzera per stanare i ladri di capitale», conferma il ministro alla Protezione dei consumatori Christos Papoutis.
L’arma letale contro i furbetti del prelievo però è la nuova task force anti-frode messa in piedi pochi giorni fa dal governo con poteri straordinari e affidata a Ioannis Diotis, il supermagistrato che con le sue inchieste ha smantellato il movimento terroristico 17 novembre. «Gli studi internazionali dimostrano che il “nero” in Grecia è pari al 25-30% del prodotto interno lordo, qualcosa come 15 miliardi evasi l’anno», calcola il ministro delle Finanze George Papaconstantinou. Soldi illegali che in buona parte si fanno una seconda vita oltre frontiera. «Recuperarli significa garantire il futuro del nostro Paese», conclude il ministro.
Belle parole. In attesa di fatti però, i greci sono in coda agli sportelli. Ad Atene, purtroppo, la crisi corre (per ora) più veloce dei buoni propositi del governo. E la banca più sicura, in attesa di tempi migliori, è di nuovo il materasso.
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