Yemen, la Casa Bianca scarica Saleh

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NEW YORK – Lo Yemen sprofonda nel caos, la polizia spara sui manifestanti che vogliono la rivoluzione, i carnefici del regime sparano e a Taiz ci sono almeno 17 morti. Il Dipartimento di Stato Usa parla di violenza «orribile». Ma chi arma quella polizia? Il presidente Ali Abdullah Saleh, che da quarant’anni governa come un monarca: grazie all’aiuto degli americani per cui, in cambio, dà  la caccia ai macellai di Al Qaeda nascosti negli anfratti del paese. «Barack Obama ha preteso che Hosni Mubarak se ne andasse, ha detto pubblicamente di essere fiero del coraggio del popolo tunisino, ma non ha mai detto niente sul popolo yemenita», urla Tawakul Karman, la giovane leader della protesta. «Lo Yemen si sente tradito». Perfino alcuni militari, riferisce la Reuters, stanno cominciando a schierarsi con gli oppositori, così come era accaduto lentamente in Egitto. E che quell’alleato sia diventato ormai insostenibile è chiaro adesso anche agli uomini di Washington che, dietro le quinte, stanno lavorando al passaggio di consegne. Ma la situazione è complicatissima. Il New York Times segnala la svolta dell’amministrazione, che ufficialmente sostiene ancora il presidente: gli americani si sono convinti che non può essere Saleh a realizzare quelle riforme che promette e non mantiene. Ma le trattative per farlo sloggiare e passare la guida al suo vice, in preparazione di nuove elezioni, vanno troppo per le lunghe: il Joint Meeting Parties, la coalizione dell’opposizione, ha lanciato un ultimatum, mentre i manifestanti in piazza continuano a urlare che il gioco delle poltrone non basta. Che fare? La dottrina Obama che vale per Egitto, Tunisia e Libia non vale più nello Yemen o nel Bahrein che ospita la Quinta Flotta? «Nello Yemen c’è il rischio che Al Qaeda possa approfittare del vuoto di potere», avverte il portavoce di Barack, Jay Carney. Dallo Yemen sono partiti gli ultimi attacchi all’America: dalla strage di Fort Hood al fallito attentato sui cieli di Detroit, col nigeriano carico di esplosivo nelle mutande. E nello Yemen si nasconde il nuovo Bin Laden, cioè quell’Anwar Awlaki che in realtà  è un cittadino americano, nato in New Mexico, per cui gli Usa hanno emesso l’ordine di «vivo o morto». Proprio a caccia di Awlaki e dei suoi uomini gli americani hanno lanciato con gli yemeniti quel terzo fronte di guerra al terrore (dopo l’Iraq e l’Afghanistan) rivelato dai cable di Wikileaks. Col presidente Saleh che ride con il generale David Petraeus: state tranquilli, continueremo a dire che le bombe sono nostre e non vostre. Altri tempi: lo Yemen brucia, i morti sono oltre 90 in due mesi, e a Washington nessuno più può stare tranquillo.


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