Un’immagine da difendere
E invece è proprio questo il vizietto che si nasconde dietro quella che è ormai diventata una specie di formula retorica ripetuta all’infinito dai critici di Berlusconi, i quali sembrano tutti avere un amico all’estero che gli chiede stupito: ma come mai gli italiani non se ne liberano? Domanda che sottintende quantomeno una nostra immaturità democratica, se non una congenita attitudine al servaggio, cui viene contrapposta la superiorità di virtù civiche dello straniero. Un’eco di questa sgradevole auto denigrazione nazionale si trova spesso nelle corrispondenze sulla stampa estera, dove sono invece gli autori stranieri ad avere amici italiani che vorrebbero liberarsi di Berlusconi. Sul New Yorker, prestigioso settimanale americano, è per esempio appena uscito un lungo saggio di Tim Parks — scrittore inglese da trent’anni espatriato in Veneto — secondo il quale le «stravaganze» politiche dell’Italia odierna affondano le radici in un’Unità fasulla e immeritata. Recensendo tre volumi pubblicati all’estero in occasione del 150 ° , vi si sostiene infatti che la nascita stessa della nazione non fu altro che un «colpo di fortuna» , che «la grande maggioranza degli italiani non ha cercato l’unità e anzi molti l’hanno combattuta» , e che la sua sopravvivenza fu assicurata solo dal «gioco di potere» tra potenze straniere. Un «infelice anniversario» , dunque, ciò che celebriamo quest’anno: «Una coppia sull’orlo del divorzio certo non gioisce per l’anniversario del proprio matrimonio» . Verrebbe da ricordare che ogni processo di unificazione nazionale ha le sue magagne: negli Stati Uniti è passato per una sanguinosa guerra civile, e nel Regno Unito per la sottomissione violenta dell’Irlanda e della Scozia. Ma ciò che conta osservare è che la polemica pubblica anti berlusconiana sconfina sempre più spesso in una contestazione delle basi stesse dello Stato democratico e unitario. Come se solo in una nazione fallita potesse verificarsi un simile fenomeno politico. Questo slittamento logico andrebbe contrastato con fermezza e buoni argomenti dagli intellettuali, italiani all’estero o stranieri in patria che siano. Ma specialmente da chi in Italia intende fare opposizione a Berlusconi, perché un discorso anti patriottico e denigratorio è politicamente suicida. Purtroppo non avviene. Non tutti i critici del premier arriverebbero infatti a sognare un golpe democratico come ha fatto Asor Rosa; ma molti si auspicano che la scossa per ottenere ciò che a loro non riesce in patria venga dall’estero, da una battuta di Sarkozy o di Obama, da un’agenzia di rating o dal discredito sulla stampa. Non è solo una speranza mal riposta. È anche un po’ umiliante per un Paese che non è figlio di un dio minore; e che dunque, come tutte le nazioni democratiche, è geloso del suo diritto a scegliere da solo.
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