Una donna in ciabatte sfida il Buddha rosso

by Editore | 19 Aprile 2011 6:14

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BANGKOk – «Didi», sorella maggiore. I suoi fedeli la invocano così, e Mamata Banerjee fa di tutto per presentarsi come una donna del popolo, col suo sari dimesso, i capelli a crocchia, le ciabatte di gomma ai piedi. «Vi farò diventare la Svizzera dell’India», ha promesso nel suo comizio alla vigilia del primo giorno di votazioni per i distretti settentrionali del Bengala indiano. Ma se i sondaggi saranno esatti, il 13 maggio, al termine delle consultazioni elettorali iniziate ieri, questa 55enne navigata leader politica, pittrice e attuale ministro delle Ferrovie, farà  molto di più: smantellerà  il potere rosso dell’India per eccellenza, il Partito comunista Cpi M, da 34 anni al potere nello Stato. Fisicamente piccola e compatta, celibe e residente con sua madre a Kolkata in un modesto appartamento negli slum, Mamata ha sfoderato anno dopo anno l’energia di un leone e costruito la sua reputazione di idealista incorruttibile, scalzando i comunisti che si facevano vanto di essere i soli in India a stare dalla parte del popolo. Più di una volta Didi ha gettato fogli di carta o il suo scialle in un gesto di rabbia contro ministri e avversari. Ma anche i suoi collaboratori tra le mura del Trinamul Party, da lei fondato, si sono visti spesso scaraventare addosso qualcosa durante una discussione particolarmente accesa. «È assurda e infantile, un Partito-persona» ha detto di lei il suo avversario diretto, l’attuale governatore Buddhadeb Bhattacharjee, leader politico della vecchia guardia comunista bengalese. “Buddha”, come lo chiamano i giornali, ereditò nel 2000 la poltrona che fu del leggendario Jyoti Basu per ben 23 anni, fin dall’inizio del potere del Partito in Bengala. Presto Buddha prese a emarginare chi temeva le privatizzazioni e cominciò le concessioni dei terreni statali. L’accusa di essersi svenduto al capitalismo emerse dopo le sanguinose rivolte per gli espropri delle terre a Nandigram e Singur, dove Buddha voleva far impiantare un petrolchimico e una fabbrica di auto in joint venture tra Tata e Fiat. «L’infantile» Mamata ha cavalcato le proteste fino a diventare oggi il pericolo numero uno per il predominio del Cpi M sia a Kolkata, sia nelle campagne dove il partito rastrellava maggioranze bulgare. Del resto Didi non è una principiante della politica e sa giocare nei palazzi del potere, da ex militante del religioso-fondamentalista Bjp e del progressista Congresso, con cui ha ottenuto ministeri importanti. Poi ha fondato un Partito di militanti entusiasti e pronti a dare la vita per il suo progetto di uno Stato industriale moderno che rispetta i contadini e l’ambiente, le minoranze, le sottocaste. Oggi ha 19 deputati in Parlamento, ma con i suoi uomini è un puntello indispensabile per la coalizione nazionale dell’italiana Sonia Gandhi. Contro il partito del Buddha rosso Mamata ha anche un vecchio conto in sospeso, perché vent’anni fa un gruppo di militanti rossi la ferì gravemente e fu costretta a farsi ricoverare in una clinica privata per paura – ha denunciato – che i medici potessero ucciderla. Nessuno può ancora valutare il crollo eventuale del corrispettivo indiano del Muro di Berlino, se si sfalderà  il Partito-Stato formato da migliaia di sezioni di base e centinaia di migliaia di militanti a ogni livello dell’amministrazione, ma il timore è che si apra una campagna elettorale di violenze.

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